I premi di risultato e i servizi e le prestazioni di welfare aziendale, oltre a rappresentare un indubbio vantaggio per il lavoratore, possono dar luogo a benefici anche in capo al datore di lavoro che intende attivare un sistema incentivante o premiale. Ecco perché.
L’erogazione di premi di risultato incentivati e di servizi e prestazioni di welfare aziendale ha una portata sempre più ampia, arrivando ad interessare un numero di realtà imprenditoriali in costante ascesa. Ciò è sicuramente dovuto in buona parte alla progressiva metabolizzazione delle nuove disposizioni legislative da parte di tutti gli operatori coinvolti nella gestione dei predetti strumenti, oltre che ad alcuni recenti – ed altrettanto “imprevisti” – interventi delle organizzazioni sindacali che, in sede di rinnovo del CCNL, hanno previsto l’introduzione di sistemi obbligatori di welfare, ovvero di flexible benefit che il datore è tenuto ad erogare ai propri dipendenti.
Come abbiamo già avuto modo di vedere in un precedente articolo, la L. n. 208/2015 (Legge di Stabilità per l’anno 2016) prima e la L. n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017) poi, hanno da un lato previsto la possibilità per il datore di lavoro di riconoscere ai dipendenti un premio di risultato collegato al generale andamento dell’impresa e, dall’altro, hanno ampliato il testo del comma 2, art. 51, D.P.R. 917/1986 (TUIR), riguardante i servizi che, se riconosciuti ai lavoratori, non concorrono alla formazione del reddito di questi ultimi (pur nell’osservanza degli specifici limiti previsti dal Testo Unico).
Per i premi di risultato, la legge prevedeva in precedenza la possibilità, sussistendone i requisiti economici e procedurali, di applicare un’imposta sostitutiva del 10% sulle somme erogate e strettamente collegate al buon andamento dell’impresa. Vantaggio che, tuttavia, era esclusivamente rivolto al dipendente, restando tali somme integralmente imponibili in capo al datore di lavoro, il quale pertanto non godeva di alcuna riduzione del costo del lavoro.
Al fine di estendere i benefici anche a quest’ultimo, il D.L. n. 50/2017, convertito con L. n. 96/2017, è intervenuto modificando il comma 189, art. 1 della Legge di Stabilità 2016, introducendo uno sgravio contributivo in aggiunta all’incentivo fiscale sopra menzionato – consistente nell’abbattimento integrale dell’aliquota contributiva a carico dei lavoratori e della riduzione di 20 punti percentuali di quella a carico del datore stesso – , riconosciuto, entro il limite di 800 euro, in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione dell’attività lavorativa.
Un discorso parzialmente diverso riguarda invece i servizi riconosciuti ai lavoratori attraverso l’adozione di piani di welfare. L’esclusione di questi ultimi dalla formazione del reddito del lavoratore percipiente comporta un’importante conseguenza anche per il datore di lavoro, il quale è chiamato infatti a far fronte al solo costo “nudo” della prestazione, senza che il corrispettivo valore debba essere incrementato degli oneri che la legge pone in capo al datore stesso.
Oltre a quanto appena detto, un ulteriore aspetto che merita un approfondimento in quanto potrebbe costituire un ulteriore vantaggio dell’imprenditore attiene alla possibilità di dedurre dal reddito d’impresa i costi sostenuti dallo stesso per il riconoscimento del citato bonus economico, ovvero di determinate prestazioni e servizi ai propri dipendenti.
Se da un lato non si pongono problemi quanto alla integrale deducibilità dei costi relativi alla erogazione del PDR, rientrando questi ultimi tra i costi del personale dipendente, più articolato è il discorso relativo al welfare aziendale.
A tal riguardo, occorre innanzitutto ricordare come in questo caso, il datore non sia obbligato a sottoscrivere alcun accordo sindacale, potendo egli decidere anche unilateralmente di erogare tali servizi. Ciò comporterebbe tuttavia una differenza non di poco conto.
L’erogazione dei benefit in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale ha tra le sue conseguenze quella di garantire infatti la possibilità di dedurre integralmente i relativi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del TUIR.
Viceversa, laddove i servizi di welfare siano attivati unilateralmente dal datore, i costi sostenuti da quest’ultimo risultano deducibili nel solo limite del 5 per mille, secondo quanto previsto in merito dall’articolo 100 del medesimo Testo Unico.
Andrà pertanto posta particolare attenzione anche in merito alle modalità di attivazione dei piani di welfare, dalle quali, si ribadisce, possono scaturire rilevanti conseguenze anche in capo alla parte datoriale.
Stefano Carotti – Centro Studi CGN