La maggior parte degli imprenditori e dei professionisti, a causa dell’attuale crisi economica, sono afflitti da problemi di liquidità e difficoltà a far fronte ai propri impegni di breve e medio periodo. Di fronte a questo problema, alcuni di loro, nel corso del tempo, hanno preferito non pagare l’IVA dovuta per salvare l’azienda o per pagare gli stipendi ai propri dipendenti.
La conseguenza di questo comportamento non ha fatto altro che alimentare e aumentare il contenzioso con il Fisco, con orientamenti giurisprudenziali che spesso aprono ampi dibattiti tra gli operatori economici.
Recentemente, ad esempio, la Cassazione, con la sentenza n. 15234/2017, ha stabilito che è applicabile la causa di non punibilità di cui all’articolo 131 bis del codice penale per particolare “tenuità del fatto”, quando l’IVA omessa risulta di un ammontare poco superiore alla soglia di punibilità (che attualmente è di 250.000 euro).
Una recente riforma, infatti, ha previsto l’esclusione della pena a condizione che il giudice ritenga l’offesa posta in essere dal reo di particolare tenuità e il suo comportamento non sia abituale e recidivo. La valutazione del giudice viene fatta in base alle modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo.
Per il tribunale di Novara, ai fini dell’esclusione del dolo necessario per l’integrazione della fattispecie di omesso versamento IVA, può assumere rilevanza non ogni situazione di crisi finanziaria, per quanto di dimensioni considerevoli, ma solo quella situazione determinata da fattori completamente estranei alla sfera di controllo dell’imprenditore ed in alcun modo riconducibile ad una sua cattiva gestione (sentenza del 20 marzo 2013 Trib. Novara).
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione afferma, invece, che non basta giustificare il mancato versamento dell’IVA con la crisi economica, ma occorre produrre materiale convincente ed evidenziare che la crisi sia stata improvvisa e imprevedibile.
Si tratta della sentenza n. 39500 della Corte di Cassazione che ha chiamato i Giudici a valutare il ricorso di un imprenditore che aveva giustificato l’omissione dell’IVA 2010 con il fatto che il mancato versamento era dovuto ad elementi del tutto imprevedibili nel contesto di una pesante crisi economica.
La sentenza della Cassazione n. 29751 del 2013 dà invece un altro parere sfavorevole al contribuente, affermando che la situazione di contingenza economica non deve fare privilegiare prima alcuni creditori, come i fornitori e i dipendenti, a discapito del pagamento dell’IVA. Secondo i giudici della Suprema Corte, l’imposta va versata anche se l’azienda versa in difficoltà finanziarie.
Con la sentenza n. 674 del 2013 il Tribunale di Monza, invece, assolve l’imputato con la formula “il fatto non costituisce reato”, motivando la decisione sull’incerta sussistenza dell’elemento psicologico necessario a configurare il reato di omesso versamento dell’IVA. In questo caso, hanno avuto un ruolo importante i bilanci della società dai quali si evinceva una chiara situazione di crisi finanziaria e di liquidità.
La sentenza n. 40352 del 2015 della Cassazione ha ritenuto legittima l’assoluzione dell’amministratore di una società che aveva omesso il pagamento dell’IVA per carenza di liquidità causata dal tardivo pagamento delle fatture da parte dei clienti, dai pagamenti di alcuni versamenti IVA mensili e dal pagamento degli stipendi dei dipendenti e dei contributi mensili.
Di tutt’altra idea era stata la sentenza del Tribunale di Milano del 9 novembre 2010. Il fatto che il contribuente non dispone, alla data del versamento dell’IVA, della sufficiente liquidità per far fronte all’adempimento, non libera il contribuente dalle disposizioni di cui all’articolo 10-ter, D.Lgs. 74 del 2000, non potendosi configurare lo stato di insolvenza quale causa scriminante in materia di omesso versamento. L’imposta, una volta incassata, va versata al Fisco!
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN
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