Sono ben cinque milioni gli italiani iscritti all’AIRE (cioè all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e potenzialmente interessati all’argomento di cui si occupa la mini-guida “Lavoratori italiani all’estero: come evitare la doppia tassazione e usufruire del credito d’imposta“, recentemente pubblicata dall’Agenzia delle Entrate. Ecco un riepilogo dei punti più salienti.
Un principio importante da conoscere, che è anche il primo capitolo della predetta mini-guida, è quello della tassazione mondiale (world wide taxation principle), secondo il quale l’italiano che consegue redditi all’estero, ma mantiene la residenza in Italia, deve pagare le imposte anche nel nostro Paese.
Questo è il principio generale, ma una regolamentazione del Paese in cui pagare le imposte è presente nelle “Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni” che l’Italia ha stipulato con moltissimi Paesi sparsi nel mondo. Esse potrebbero determinare la debenza tributaria sia in Italia che nel Paese estero, oppure in uno solo di essi.
A tal proposito, è bene sapere che l’articolo 165 del nostro TUIR (il D.P.R. n. 917 – 1986) prevede la possibilità di sottrarre le imposte pagate in via definitiva sui redditi conseguiti all’estero dalle imposte gravanti in Italia a seguito del’inserimento degli stessi nella dichiarazione dei redditi.
Attenzione però, perché il meccanismo del credito d’imposta compensativo non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o quando i redditi percepiti all’estero non sono stati riportati nella dichiarazione dei redditi.
La mini-guida informa i cittadini italiani che hanno presentato una dichiarazione dei redditi, senza però indicare in essa i redditi percepiti all’estero, che possono presentarne una “integrativa” (art. 2 comma 8 D.P.R. n. 322/1998). In questo modo eviteranno di subire la doppia tassazione, perché verrà comunque riconosciuta la possibilità di portare in detrazione, sotto forma di credito d’imposta, le imposte pagate a titolo definitivo nel Paese in cui i redditi sono stati percepiti.
La mini-guida ricorda che, in base all’art. 2 del predetto TUIR, per le imposte sui redditi, si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone che:
- risultano iscritte per almeno 183 giorni all’anno nei registri anagrafici comunali della popolazione residente in Italia;
- conservano il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato;
- si trasferiscono, salvo prova contraria, in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata.
La pubblicazione dell’Agenzia delle Entrate ricorda, inoltre, l’obbligo dell’iscrizione all’AIRE per chi trasferisce la propria residenza da un comune italiano all’estero, compresi i Paesi dell’Unione europea. Essa può essere eseguita anche presso l’Ufficio consolare competente per territorio, entro 90 giorni dal trasferimento stesso.
L’iscrizione comporta non solo la cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente del Comune italiano di provenienza, ma anche la perdita al diritto all’assistenza di base in Italia, conservando invece quella sanitaria urgente.
Il documento è senz’altro interessante ma certamente non è esaustivo perché tutta la problematica attorno al fondamentale requisito della “residenza fiscale” è complesso e richiede una serie di considerazioni non riassumibili in poche righe.
Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo