Cessione d’azienda e TFR

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un’accesa discussione, soprattutto nelle aule dei tribunali, sulla responsabilità solidale dell’impresa cedente in merito al TFR dei dipendenti maturato durante la vigenza del rapporto lavorativo e prima dell’intervenuta cessione di azienda. Qual è l’orientamento giurisprudenziale in merito?

Partiamo con la premessa che il trattamento di fine rapporto è uno degli elementi della retribuzione, il cui pagamento viene differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro, salvo il caso in cui il TFR viene ceduto integralmente ai fondi di previdenza complementare o di cessione del credito a terzi.

In caso di trasferimento d’azienda, l’articolo 2112 del codice civile, prevede che il rapporto di lavoro prosegua immutato con il datore di lavoro cessionario senza alcuna soluzione di continuità dovuta alla modifica della parte del datore di lavoro.

Il codice civile, infatti, prevede espressamente il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda, intendendo per trasferimento d’azienda, qualsiasi operazione che comporti un mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata.

La legge quindi tutela i lavoratori con diverse disposizioni specifiche proprio perché, nel caso di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, il datore di lavoro cambia senza che vi sia l’obbligo di ottenere il consenso dei lavoratori dipendenti interessati.

Il lavoratore conserva così il posto di lavoro e tutti i diritti che aveva ottenuto con il vecchio datore di lavoro (cedente) purché tali diritti siano compatibili con il nuovo assetto aziendale, e può chiedere al nuovo datore di lavoro (cessionario) il pagamento dei crediti da lavoro che aveva maturato al momento del trasferimento.

Il cedente ed il cessionario sono obbligati in solido per i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento con la conseguenza che il lavoratore potrà agire indifferentemente nei confronti del cedente e del cessionario per il recupero dei propri crediti di lavoro, salvo che egli non abbia liberato il cedente.

Qual è l’orientamento giurisprudenziale in tema di trasferimento d’azienda e TFR?

La Corte di Cassazione, già da diverso tempo, sancisce la responsabilità solidale tra cedente e cessionario in materia di trattamento di fine rapporto, in caso di trasferimento di azienda o di ramo di azienda.

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 618/2014, afferma che il datore di lavoro cedente rimane obbligato al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, successivo al trasferimento stesso, per la quota maturata nel periodo di lavoro alle sue dipendenze ed il mancato pagamento di tale parte del TFR da parte del cessionario, che all’atto della cessione d’azienda ha ottenuto le somme direttamente dal cedente, non libera l’ex datore di lavoro per la quota di TFR maturato in virtù del principio di solidarietà di cui all’articolo 2112 del codice civile.

Recentemente, i diversi tribunali chiamati a giudicare nel merito le cause sottoposte e la Corte di Cassazione chiamata a giudicare la legittimità di ultima istanza delle sentenze emesse dai vari tribunali, affermano sempre più che il trattamento di fine rapporto maturi progressivamente in ragione dell’accantonamento annuale, mentre soltanto l’esigibilità del credito è rinviata al momento della cessazione del rapporto lavorativo, così come la relativa prescrizione.

La conseguenza è che il cedente potrà essere chiamato a rispondere in via solidale per il mancato pagamento delle quote di trattamento di fine rapporto maturate durante la vigenza del contratto con il lavoratore anche se, con la cessione di azienda, le relative quote sono state trasferite al cessionario. Successivamente, il cedente potrà rivalersi sul cessionario per ottenere la restituzione di quanto pagato indebitamente.

Per concludere, si tratta di un orientamento che garantisce la massima tutela per il dipendente, il quale oltre a mantenere la garanzia del proprio lavoro, ne conserva lo stesso trattamento e tutti i diritti di cui disponeva al momento della cessione d’azienda.

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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