Dal 1° gennaio 2017 è entra in vigore la disciplina di cui al Decreto Legislativo 17 luglio 2016, n. 136 in tema di distacco transnazionale e tutela dei lavoratori residenti in Stati Membri dell’Unione Europea. Riepiloghiamo cosa prevede la normativa, in particolare per quanto attiene ai disacchi transazionali dei lavoratori nei settori del trasporto di merci su strada e delle prestazioni di servizi di trasporto di persone.
La disciplina si applica alle imprese stabilite in un altro Stato Membro dell’Unione Europea che, nell’ambito di una prestazione di servizi, distaccano in Italia uno o più lavoratori in favore di un’altra impresa, anche se appartenente allo stesso gruppo, o in favore di un’altra unità produttiva o di un altro destinatario, a condizione che durante il periodo di distacco continui a sussistere un rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l’impresa distaccante.
Si applica inoltre nelle ipotesi di distacco di cui all’art. 1, comma 1, da parte di imprese stabilite in uno Stato terzo/extra UE (ad es. art. 27, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 286/1998) sempre che le medesime fattispecie non risultino disciplinate da leggi speciali (ad es. Direttiva 2014/66/UE relativa ai trasferimenti intra-societari di dirigenti e lavoratori altamente qualificati operati da imprese aventi sede in Paesi extra UE).
Per lavoratore distaccato deve intendersi “il lavoratore abitualmente occupato in un altro Stato Membro che per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia”.
Secondo il Vademecum sul distacco ad uso degli ispettori del lavoro e delle imprese del 2010, comune denominatore delle fattispecie in esame, è la sussistenza di un legame organico tra lavoratore distaccato e l’impresa distaccante per tutto il periodo del distacco.
Le ipotesi di distacco non autentico sono configurabili ogniqualvolta il datore di lavoro distaccante e/o il soggetto distaccatario pongano in essere distacchi “fittizi” per eludere la normativa nazionale in materia di condizioni di lavoro e sicurezza sociale. L’interposizione illecita costituisce soltanto una delle ipotesi integranti la fattispecie di distacco transnazionale non autentico.
Nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione in quanto verranno applicati gli istituti e le tutele in materia di lavoro e legislazione sociale previsti dalla normativa interna (l’operazione in tal modo posta in essere deve ritenersi nulla ed il lavoratore non può essere qualificato come lavoratore distaccato).
Il personale ispettivo dovrà applicare la disciplina italiana, riconducendo il rapporto di lavoro in capo al distaccatario dal giorno di inizio dell’attività svolta in “pseudo distacco” (committente/utilizzatore).
Nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il distaccante e il distaccario sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50,00 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.
Il distacco non autentico non risulta assimilabile alla fattispecie di “lavoro nero” con esclusione pertanto delle relative conseguenze sanzionatorie.
Nei confronti dei lavoratori distaccati, durante il periodo di distacco, devono essere applicate le medesime condizioni di lavoro previste dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi di cui all’art. 51, D.Lgs. n. 81/2015 per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco (c.d. livelli minimi di condizioni di lavoro e occupazione e tariffe salariali come da interpello Ministero del Lavoro 22/2010).
Nei casi di somministrazione transnazionale di lavoro deve essere garantita una sostanziale parità di trattamento, non limitata né ai livelli minimi di condizioni di lavoro né alle materie del c.d. “nocciolo duro” , rispetto ai lavoratori italiani alle dipendenze dell’utilizzatore, sia per quanto concerne i profili normativi che per quelli retributivi secondo le disposizioni di cui all’art. 35, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.
Nelle ipotesi di una prestazione transnazionale di servizi attuata mediante contratto di appalto o subappalto, sarà applicabile il regime previsto dall’articolo 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276 del 2003, secondo il quale in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro risponde in solido con l’appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori per i crediti retributivi (comprese le quote di trattamento di fine rapporto), contributivi ed i premi assicurativi maturati nel periodo di esecuzione del contratto di appalto.
Il personale ispettivo può adottare la diffida accertativa per crediti patrimoniali, ex art. 12 D.Lgs. 124/2004. La diffida viene notificata al datore di lavoro, al distaccatario/committente/utilizzatore stabilito in Italia, in qualità di obbligato solidale, nei confronti del quale non avrà comunque efficacia di titolo esecutivo.
L’art. 10 del D.Lgs n. 136/2016 sancisce in capo al prestatore di servizi degli adempimenti amministrativi (obblighi documentali), assicurati da un adeguato regime sanzionatorio previsto dall’art. 12, D.Lgs. n. 136/2016.
Gli importi delle sanzioni amministrative non possono essere superiori a 150.000,00 euro. Alle violazioni in argomento è inoltre applicabile l’istituto della diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n.124/2004.
Francesco Geria