Numerose le novità, in vigore dal 2018, in materia di lavoro e pensioni. Di seguito l’analisi delle principali misure introdotte dalla Manovra in materia di APE (anticipo pensionistico), RITA (rendita integrativa temporanea anticipata), forme pensionistiche complementari, bonus 80 euro e bonus bebè.
Con specifico riferimento alle modifiche apportate in materia di Anticipo pensionistico, c.d. APE viene stabilito che l’accesso al sistema è esteso sino al 31 dicembre 2019.
Inoltre, fino al 31 dicembre 2018, agli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata, al compimento del requisito anagrafico dei 63 anni, è riconosciuta un’indennità (c.d. Ape Social) per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell’età anagrafica prevista per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia qualora si trovino:
- in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604;
- ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi;
- abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno 3 mesi e siano in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni.
Relativamente a quanto sopra delineato, ai fini del riconoscimento dell’indennità “Ape Social”, i requisiti contributivi (30 o 36 anni) richiesti alle lettere da a) a d) del comma 179 della L. 232/2016, sono ridotti per le donne di 6 mesi per ogni figlio nel limite massimo di 2 anni.
Diversamente, in tema di rendita integrativa temporanea anticipata (RITA), viene stabilito che ai lavoratori che:
- cessino l’attività lavorativa, maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 5 anni successivi e abbiano maturato alla data di presentazione della domanda di accesso alla rendita integrativa un requisito contributivo complessivo di almeno 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza;
- ovvero, risultino inoccupati per un periodo di tempo superiore a 24 mesi e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 10 anni successivi;
le prestazioni delle forme pensionistiche complementari, con esclusione di quelle in regime di prestazione definita possono essere erogate, in tutto o in parte, su richiesta dell’aderente, in forma di rendita temporanea, denominata “Rendita integrativa temporanea anticipata”:
- decorrente dal momento dell’accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia;
- consistente nell’erogazione frazionata di un capitale, per il periodo considerato, pari al montante accumulato richiesto.
Oltre alle innovazioni sopra esposte, di primaria importanza risultano anche le nuove disposizioni relative alle forme pensionistiche complementari.
Nel dettaglio, viene specificato che, salva diversa volontà del lavoratore, quando la contrattazione collettiva o specifiche disposizioni normative disciplinano il versamento a fondi pensione negoziali di categoria operanti su base nazionale di contributi aggiuntivi alle ordinarie modalità di finanziamento, tale versamento è effettuato nei confronti dei fondi pensione negoziali territoriali di riferimento ove esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, anche in caso di lavoratori che non abbiano destinato il proprio trattamento di fine rapporto (TFR) alla previdenza complementare.
Pertanto, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della Manovra 2018, i fondi pensione negoziali territoriali saranno tenuti ad adeguare il proprio ordinamento per dare attuazione alle disposizioni in oggetto e, prima della scadenza del predetto termine, dovranno comunque assicurare la portabilità automatica dei flussi contributivi aggiuntivi accantonati con riferimento alle posizioni di lavoratori che già destinano a fondi pensione negoziali territoriali il TFR o contributi ordinari a carico del lavoratore o del datore di lavoro.
Inoltre, qualora il lavoratore sia invitato ad esprimere una scelta circa la destinazione del contributo aggiuntivo e non manifesti alcuna volontà, per l’individuazione del fondo si applicano i criteri previsti dall’articolo 8, comma 7, lettera b), del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252; diversamente, se sia già iscritto ad un fondo pensione negoziale, sia esso nazionale o territoriale, il contributo aggiuntivo affluisce automaticamente alla posizione già in essere.
Degni di nota, ancora, sono gli interventi che, da una parte, dispongono l’incremento delle soglie reddituali per l’accesso al Bonus 80 euro, prevedendo che qualora l’imposta lorda determinata sui redditi di cui agli articoli 49 TUIR, sia di importo superiore a quello delle detrazioni d’imposta spettanti, competa un credito rapportato al periodo di lavoro nell’anno, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a:
- 960 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.600 euro;
- 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.600 euro ma non a 26.600 euro.
Dall’altra, invece, stabiliscono che il c.d. Bonus bebè sia riconosciuto anche per ogni figlio nato o adottato dal 1º gennaio 2018, alle seguenti condizioni:
- fino al compimento del primo anno di età, ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione;
- per un importo pari a 480 euro annui da erogare mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione, a condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l’assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui;
- l’importo è raddoppiato qualora il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l’assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell’ISEE non superiore a 7.000 euro annui.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato