Che cosa si intende per frontaliere? A quale regime di tassazione è soggetto? Quali sono le regole specifiche per il frontaliere in Svizzera e in Città del Vaticano? Facciamo una sintesi della normativa.
Il concetto di lavoratore di frontiera (o più comunemente indicato come “frontaliere”) definisce la figura del lavoratore occupato su un dato territorio di uno Stato ma residente in un Comune ubicato in uno Stato diverso.
In base alla normativa comunitaria (articolo 1, lettera b) del regolamento n. 1408/71/CEE) è lavoratore frontaliero il lavoratore occupato sul territorio di uno Stato membro e residente sul territorio di un altro Stato membro, dove torna quotidianamente o almeno una volta alla settimana.
L’art. 3, comma 2, della Finanziaria 2001 stabiliva l’esenzione dalla base imponibile IRPEF per l’anno 2001 per “i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato […]”. L’art. 1, co. 175 della Legge di Stabilità per il 2014 (L. n. 147/2013), che ha prorogato a “regime” la franchigia Irpef per i lavoratori frontalieri, ha riproposto tale definizione.
Con le circolari n. 1/E datata 3 gennaio 2001 e n. 15/E datata 1 febbraio 2002, l’Agenzia delle Entrate fa riferimento alla quotidianità del trasferimento all’estero per tali contribuenti.
La differenza con la definizione di lavoratore all’estero è sostanziale in quanto il “lavoratore estero” è colui che presta al di fuori dei confini nazionali, in via continuativa ed esclusiva, il proprio lavoro e che nell’arco di dodici mesi soggiorna nello stato estero per un periodo superiore a 183 giorni (ex art. 51, D.p.r. n. 917/1986), mentre il “frontaliere” si reca all’estero per il solo tempo necessario allo svolgimento della mansione.
Frontaliere
Sempre a differenza del “lavoratore estero”, il reddito di lavoro dipendente prestato in zone di frontiera, che concorre a formare il reddito complessivo insieme ad altri eventuali redditi del contribuente, dovrà subire una decurtazione dell’importo pari ad 7.500 euro (c.d. franchigia di esenzione); tale importo, aumentato rispetto ai 6.500 euro dall’art. 1, comma 690 della Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015), non deve essere parametrato alla durata del rapporto nell’anno, ma deve essere utilizzato in maniera fissa.
Per effettuare un esempio dell’applicazione di tale regime, bisognerà procedere come segue:
- individuare l’insieme di tutte le somme e i valori corrisposti al soggetto in relazione al reddito di lavoro svolto come frontaliere;
- operare la riduzione, da tale importo annuo, della franchigia di esenzione prevista in materia di Irpef per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zona di frontiera (art. 3 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388) che risulta quantificato in 7.500 euro;
- applicare la tassazione Irpef su tale differenza, secondo le regole ordinarie del Tuir.
Tale disciplina dovrà sempre essere coordinata con le disposizioni contenute nelle Convenzioni stipulate dall’Italia con i Paesi limitrofi, considerando che le disposizioni normative delle Convenzioni prevalgono rispetto alla normativa interna.
Frontaliere caso “Svizzera”
Una disciplina difforme rispetto a quella fino ad ora delineata è prevista per i frontalieri (residenti in Italia) che effettuano l’attività lavorativa in Svizzera.
Né la Convenzione contro le doppie Imposizioni e né l’Accordo del 3 ottobre 1974 forniscono una definizione di lavoratore frontaliero nel caso “Svizzera”; può essere tuttavia ricavata dall’articolo 3 del Decreto 4 agosto 2016 del Mef, il quale prevede espressamente che “la ripartizione delle somme affluite per compensazione finanziaria viene limitata ai Comuni il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nella fascia di 20 km dalla linea di confine con l’Italia dei tre cantoni del Ticino, dei Grigioni e del Vallese”. Pertanto possiamo individuare i due requisiti affinché un contribuente possa essere considerato “frontaliere svizzero”:
- residente in uno dei Comuni italiani presenti nella fascia entro i 20 km dal confine;
- svolgimento dell’attività lavorativa in uno dei tre cantoni indicati (Ticino, Grigioni, Vallese).
Ecco qui l’elenco dei Comuni delle Province di Como, Lecco, Varese e del Verbano Cusio Ossola rientranti entro i 20 km dal confine.
La disciplina per tali contribuenti si discosta dall’ordinaria in quanto bisogna considerare l’Accordo tra Italia e Svizzera datato 3 ottobre 1974, il quale all’art. 1 prevede che “i salari, gli stipendi e gli altri elementi facenti parte della rimunerazione che un lavoratore frontaliero riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta”; pertanto la tassazione del reddito avviene solamente nello Stato elvetico, Stato nel quale è svolta l’attività.
Successivamente, tra gli Stati contraenti (per la Confederazione Elvetica i cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese) avverrà la cd. “compensazione finanziaria”, ossia i cantoni svizzeri effettueranno a favore dei Comuni di residenza dei lavoratori frontalieri un versamento di parte delle imposte versate dal contribuente frontaliere ai Cantoni Elvetici sopra indicati.
La risoluzione n. 38/E datata 28 marzo 2017 prevede che “qualora il Comune italiano di residenza del lavoratore frontaliero disti più di 20 km dal confine dei tre Cantoni svizzeri, in luogo dell’articolo 1 dell’Accordo del 3 ottobre 1974, troverà applicazione l’articolo 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dal nostro Paese con la Confederazione Svizzera”.
Frontaliere “Città del Vaticano”
Per quanto riguarda i rapporti di lavoro dei dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, l’articolo 17 del Trattato Lateranense ne esenta, fiscalmente, i relativi redditi. Tale previsione, confermata dall’articolo 3 del D.p.r. n. 601 del 1973, stabilisce che le retribuzioni, di qualsiasi natura, le pensioni e le indennità di fine rapporto corrisposte dalla Santa Sede, dagli altri Enti Centrali della Chiesa cattolica e da altri enti gestiti direttamente dalla Santa Sede ai propri dignitari, impiegati e salariati, ancorché non stabili, sono esenti dall’Irpef e dall’imposta locale sui redditi.
Marco Beacco – Centro Studi CGN