L’agevolazione per l’acquisto della “prima casa”, secondo la Corte di cassazione, può essere chiesta anche per la seconda casa. Con la sentenza n. 2565 del 2 febbraio 2018, infatti, la Suprema corte sancisce che è agevolabile l’acquisto di una ulteriore abitazione qualora la casa preposseduta sia “non idonea” all’uso abitativo.
In altri termini, secondo la Suprema corte, il requisito della “non possidenza” previsto dalla legge per concedere le agevolazioni sull’acquisto della prima casa è soddisfatto anche qualora l’abitazione precedentemente acquistata (e non ceduta) non si presti a essere idonea all’uso abitativo.
Come noto, chi acquista per la prima volta la piena proprietà, la nuda proprietà, il diritto di abitazione, l’uso o l’usufrutto di una unità immobiliare non di lusso beneficia della riduzione dell’Iva/Imposta di registro, dell’imposta ipotecaria e catastale sulla compravendita dell’immobile. Le disposizioni in commento, peraltro, sono state da ultimo modificate dalla legge n. 232/2016 (Legge di Stabilità per il 2017) secondo cui per l’acquirente, il presupposto per l’ottenimento dell’agevolazione “prima casa” è quello della c.d. “impossidenza” e cioè di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa di abitazione nel comune dove è situato l’immobile acquistato. L’acquirente, inoltre, secondo quanto stabilito dalla legge “non deve essere titolare, neppure per quote di comproprietà o in regime di comunione legale, in tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, anche nuda, o di diritti reali di godimento su altra casa di abitazione acquistata dall’acquirente o dal coniuge con le agevolazioni prima casa”.
Confrontando il testo della sentenza e le disposizioni di legge sopra evidenziate, si può affermare che il problema principale della decisione dei giudici sia dato dal fatto che la Corte di Cassazione non ha delimitato il perimetro per stabilire quando un immobile è da considerare non idoneo all’uso abitativo; ne deriva che detto requisito dovrà essere lasciato all’interpretazione del magistrato che deciderà di applicarla in sede di giudizio.
Invero, la Corte di cassazione, a mero titolo esemplificativo, ha stabilito che l’immobile può considerarsi non idoneo quando un evento ne mette a rischio la stabilità (è il caso di un terremoto), oppure quando la numerosità dei componenti della famiglia non sia più compatibile con gli spazi dell’abitazione nella quale si vive. La Corte di cassazione, quindi, nel dettare i principi sopra descritti, individua situazioni a carattere oggettivo (immobile inagibile a causa di terremoto) e a carattere soggettivo (abitazione troppo piccola).
Ora, ci si chiede se soddisfi il presupposto soggettivo della non idoneità dell’abitazione, richiamato dalla Suprema corte, l’uso di una casa troppo grande (a causa della diminuzione del nucleo familiare) oppure il fatto di non disporre di alcun diritto sull’immobile o ancora il fatto di possedere un’abitazione ubicata geograficamente a molti chilometri di distanza dal luogo di lavoro.
Considerati i numerosi casi (dubbi) che potrebbero susseguirsi, sarebbe opportuno un chiarimento che possa definire i contorni di un principio che rischia di creare innumerevoli contenziosi con l’Amministrazione finanziaria.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN