In vista dell’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica a partire dal 1° gennaio 2019, è stato previsto l’esonero dall’obbligo di registrazione per la fattura elettronica emessa e ricevuta dai soggetti IVA. Ma la norma, in realtà, introduce non poche complicazioni.
Fra le novità fiscali contenute nella legge di conversione del decreto dignità (art. 11, comma 2 bis della L. n. 96/2018 di conversione del D.L. 87/2018) spicca la disposizione concernente l’esonero dall’obbligo di annotazione delle fatture nei registri IVA di cui agli artt. 23 e 25 del DPR 633/72 per i soggetti “obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 127 del 2015”. L’agevolazione ha effetto dal 12 agosto 2018, ossia dal giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione in Gazzetta Ufficiale.
La tenuta dei registri IVA era già stata oggetto di modifica nel DL 148/2018, art. 19-octies, co 6, che aveva stabilito l’obbligatorietà della trascrizione su supporti cartacei soltanto ove specificamente richiesta in sede di controllo da parte degli organi verificatori.
Anche se l’obiettivo è quello di introdurre una significativa riduzione degli adempimenti in capo ai soggetti tenuti all’adozione della fattura elettronica, si tratta di una norma fumosa che presenta elementi di scarsa chiarezza rispetto all’ambito applicativo. Va altresì segnalata la circostanza che l’art. 1 comma 3 del D.Lgs. 127/2015, nel testo modificato dall’ultima legge di bilancio, non prevede un obbligo di comunicazione, bensì l’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica.
Da una prima lettura della norma emerge che si tratta di una disposizione valida ai fini IVA ma non ai fini delle imposte sui redditi, che porterà inevitabili complicazioni per i contribuenti in contabilità semplificata che decidono di avvalersene. L’applicazione della norma rende necessario comprendere anche come gestire le registrazioni dei componenti reddituali positivi e negativi irrilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto in ragione del reddito prodotto (di lavoro autonomo o di impresa) e delle modalità di tenuta dei registri IVA.
La complicazione principale deriva dal fatto che l’art. 18 del DPR 600/1972 in materia di tenuta della contabilità semplificata prevede l’annotazione dei componenti reddituali nei libri istituiti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Va poi aggiunto che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito con la Circolare n. 11/E del 2018 che i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito d’impresa in base al principio di cassa, ma che si sostanziano in operazioni fuori campo IVA, quindi irrilevanti ai fini della determinazione dell’imposta sul valore aggiunto, devono essere registrati entro il termine di 60 giorni dal momento in cui le operazioni sono rilevanti, ossia dall’avvenuto incasso o pagamento. La liquidazione dell’IVA e la tenuta della contabilità ai fini della determinazione delle imposte sui redditi sono inestricabilmente legati tra di loro con i registri IVA che accolgono le informazioni rilevanti allo scopo.
Analizzando i casi specifici, per gli imprenditori in contabilità semplificata che hanno adottato i registri IVA integrati, la semplificazione non potrebbe trovare applicazione. Con tale modalità di tenuta, le fatture emesse e ricevute registrate nei libri IVA si presumono incassate o pagate nell’anno di registrazione, con annotazione a fine esercizio, in calce al registro, dei mancati incassi e pagamenti. La circostanza che la norma abrogatrice sia valida solo ai fini IVA pone la questione della determinazione del reddito per il calcolo delle imposte. Ne consegue che, indipendentemente dall’abrogazione degli obblighi ai fini IVA, i contribuenti che hanno scelto questa possibilità dovranno continuare ad effettuare le registrazioni previste dal D.P.R. n. 633/1972 ai fini della determinazione delle imposte sui redditi.
Anche le imprese in contabilità semplificata che hanno istituito il registro cronologico degli incassi e pagamenti incontreranno difficoltà nell’applicazione della norma. L’abrogazione dei registri IVA pone il problema di riportare comunque nel registro degli incassi e pagamenti, per le altre operazioni rilevanti ai IVA, i nominativi dei fornitori e dei clienti. Si tratta di procedure adottate nei programmi di contabilità più diffusi che prevedono l’integrazione delle operazioni con registrazioni valide sia ai fini IVA che per le imposte sui redditi.
Per coloro che adottano la contabilità semplificata con il metodo della registrazione, l’effetto della norma sarà rappresentato dalla mancata registrazione delle fatture emesse e ricevute. I registri continueranno ad accogliere esclusivamente le operazioni non rilevanti ai fini IVA.
In assenza di altri interventi a supporto di quella in commento, per come è formulata la normativa in materia di contabilità semplificata, per le modalità di funzionamento dei programmi di contabilità più diffusi, l’impressione che se ne ricava, leggendo la norma sull’abrogazione dei registri IVA, è quella di una sua inapplicabilità concreta. È vero che la norma toglie di mezzo i registri IVA, ma complicazioni normative e modalità di funzionamento dei programmi ne impongono la tenuta.
Ciò che sembra fuori di dubbio è che gli organi verificatori non potranno richiedere in sede di verifica i registri IVA, così come non potranno più richiedere le fatture emesse e ricevute, posto che transitano dal sistema di interscambio e sono tutte già nella loro disponibilità.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN