La Cassazione fornisce una nuova arma in favore dei contribuenti che intendano porre rimedio agli errori e omissioni commessi in tema di dichiarazione dei redditi, compreso l’errore di aver utilizzato un modello diverso da quello approvato dall’Agenzia delle entrate.
La dichiarazione redatta su modello non conforme a quello approvato dall’Agenzia delle entrate, come noto, è considerata omessa e, sostiene la Corte di cassazione, voler modificare ciò che giuridicamente non è mai stato trasmesso all’Amministrazione finanziaria rappresenta un’evidente contraddizione. La legittimità della pretesa tributaria, continua la Suprema corte, deve tuttavia sempre tenere conto del principio della capacità contributiva.
È questo, in sintesi, il principio che emerge dall’ordinanza n. 16244/2018 della Corte di cassazione.
La vicenda
Il contribuente aveva dichiarato i propri redditi ma, nel farlo, aveva erroneamente utilizzato il modello dell’anno precedente. Quattro anni dopo, tuttavia aveva trasmesso la dichiarazione utilizzando il modello corretto. L’Agenzia delle entrate aveva quindi disconosciuto la perdita maturata nel periodo d’imposta oggetto di contestazione e il relativo riporto della perdita nel periodo d’imposta successivo. In altri termini, le Entrate avendo considerato inefficace la prima dichiarazione, avevano emesso una cartella di pagamento.
L’ordinanza in merito alla dichiarazione omessa
Sotto il profilo giuridico, l’opposizione alla cartella delle Entrate ha fornito al contribuente i requisiti necessari a regolarizzare la propria posizione nei confronti del fisco. I giudici della Suprema corte, riprendendo la decisione della stessa Cassazione a sezioni Unite n. 13378/2016, hanno affermato che il contribuente, nel ricorrere contro la cartella di pagamento, può contestare nel merito la pretesa erariale sia in relazione a errori/omissioni presenti nella dichiarazione regolarmente inviata all’Amministrazione finanziaria, sia anche nel caso di omessa presentazione della dichiarazione originaria.
In ottemperanza al disposto dell’articolo 53 della Costituzione, quindi, per i giudici il contribuente deve avere sempre la possibilità, di “rimediare” a ogni errore/omissione, compreso quello di non aver trasmesso i propri redditi su modello approvato dall’Agenzia delle entrate.
Va precisato, però che la decisione dei giudici tiene conto della sostanziale correttezza dei relativi versamenti fiscali effettuati dal ricorrente. Rimane da comprendere se nei futuri pronunciamenti della Corte, il principio costituzionale della capacità contributiva sarà utilizzato per correggere errori/omissioni anche quando non si ravvisi un’analoga buona fede del contribuente.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN