Il contribuente che occupa l’immobile senza contratto di comodato registrato può beneficiare dell’Ecobonus. È la sintesi della sentenza n. 1281/12/2018 della Commissione tributaria dell’Emilia Romagna che dà ragione al contribuente in merito a una questione (quella riguardante la registrazione del contratto di comodato) da sempre dibattuta.
Sul tema, va preliminarmente detto che il Dm 19 febbraio 2007 concede le agevolazioni in esame ai contribuenti che posseggano o detengano immobili su cui vengono effettivamente eseguiti i lavori. Secondo i giudici, quindi, non può essere condiviso l’orientamento dell’Agenzia che nei vari documenti di prassi ha sempre preteso che la detenzione venga comprovata attraverso la registrazione del contratto di comodato.
La sentenza in esame, peraltro, si allinea ad altre pronunce tra cui, ad esempio, quella della stessa Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 2914/3/2016 relativa al mancato riconoscimento della detrazione per le spese per il recupero del patrimonio edilizio al contribuente che aveva effettuato interventi edili. In quest’ultimo caso, l’Agenzia aveva contestato il fatto che il contratto di comodato non fosse registrato.
Nella sentenza, infatti, i giudici ricordano che il contratto di comodato può essere verbale e per tale ragione non è soggetto a obbligo di registrazione. Va anche detto che, se è vero che il contratto di comodato deve essere obbligatoriamente registrato se le parti scelgono di redigerlo per iscritto, è altrettanto vero che, come precisato dalla Cassazione con la sentenza n. 1293/2003, le parti sono libere di stipulare contratto verbale anche se lo stesso ha una durata più di nove anni.
Inoltre, sostengono i giudici, “la registrazione del contratto di comodato, ai fini dell’agevolazione, si riferisce al rapporto tra soggetti terzi e non costituisce un dato obbligatorio, tanto è vero che la stessa Agenzia ha ritenuto superflua non solo la registrazione, ma l’esistenza stessa di un contratto di comodato per le spese sostenute da un familiare convivente sull’immobile di proprietà dell’altro familiare”.
Considerato l’aumento delle pronunce sul tema a favore del contribuente, ci si chiede se non sia opportuno un chiarimento da parte dell’Agenzia delle entrate alla luce dei consolidati orientamenti giurisprudenziali.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN