Oltre alle novità in tema di contratti a tempo determinato e prestazioni occasionali, il Decreto Dignità, che produce i suoi effetti a decorrere dal 12 agosto 2018, interviene anche in materia di somministrazione. Ecco un riepilogo degli aspetti che hanno subito delle modifiche.
In linea generale, ricorrendo alla somministrazione di lavoro, l’azienda ha la possibilità di beneficiare di una prestazione lavorativa senza che ciò comporti l’assunzione di tutti gli oneri derivanti dall’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.
Nonostante tale premessa, ricordiamo tuttavia che l’utilizzatore è comunque tenuto ad adempiere ai seguenti obblighi:
- ogni 12 mesi, anche per il tramite delle associazioni dei datori di lavoro alle quali aderisce o conferisce mandato, deve comunicare alle RSA o alla RSU o, in sua mancanza agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano aziendale, il numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati (art. 36, co. 3 D.Lgs. n. 81/2015);
- annotare sul libro unico del lavoro i dati identificativi del lavoratore: nome, cognome, codice fiscale, qualifica, livello di inquadramento, agenzia di somministrazione (Circ. Min. Lav. n. 20/2008 e n. 13/2009);
- informare i lavoratori somministrati dei posti vacanti, affinché possano concorrere al pari dei dipendenti del medesimo utilizzatore, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato (art. 31, co. 3 D.Lgs. n. 81/2015).
Nel dettaglio, in caso di assunzione a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina dei contratti a termine con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli del D.Lgs. n. 81/2015:
- 21 comma 2 (stop and go);
- 23 (limiti quantitativi);
- 24 (diritti di precedenza).
Ne deriva che, il termine posto al contratto di somministrazione, alla luce delle novità introdotte dal Decreto Dignità in materia di contratti a termine, può essere prorogato nei casi e per la durata prevista dal CCNL applicato dal somministratore secondo le seguenti prescrizioni:
- durata massima (24 mesi);
- numero proroghe (non più di 4 ma fattivamente sono 6 come da CCNL somm.);
- nuove causali (se superiori a 12 mesi si applica art. 19 co.1 nei confronti dell’utilizzatore che dovrà, pertanto, fornire adeguata causale);
- impugnazione entro 180 gg;
- aumento dello 0,5% della contribuzione ad ogni rinnovo;
- nel caso di stipula di contratti di lavoro in regime di somministrazione a tempo determinato e di contratti di lavoro a tempo determinato, si dovranno sommare tali periodi quanto alla durata complessiva di 24 mesi.
Si precisa, inoltre, che le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come sostituito dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del presente decreto, in tema di contratti a tempo determinato, nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, si applicano esclusivamente all’utilizzatore (si tratta delle c.d. causali e delle condizioni necessarie).
In secondo luogo, per espressa previsione del medesimo provvedimento, all’articolo 31 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il comma 2 è sostituito dal seguente:
- salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore;
- fermo restando il limite disposto dall’articolo 23 (numero complessivo di contratti a tempo determinato non superiore al 20% dei contratti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio);
il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere:
- complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti;
- con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5.
Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro.
Ne deriva che sono possibili:
- contratti di lavoro a termine in essere pari al massimo al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione;
- contratti di lavoro a termine ovvero in somministrazione al massimo al 30% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione (la regola si applica a decorrere dal 12.08.2018 indipendentemente dalla data di stipula del contratto a termine).
È in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato:
- di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (lavoratori in mobilità);
- di soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
- di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Poste le suddette novità, vediamo qualche esempio che possa orientare nella gestione dei contratti di somministrazione:
Infine, occorre sottolineare come nell’ipotesi si somministrazione posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di Legge o CCNL applicate al lavoratore, somministratore ed utilizzatore verranno puniti con ammenda di €20 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Francesco Geria – Labortre Studio Associato