Con l’ordinanza n. 22861 del 26 settembre 2018, la Corte di Cassazione ha statuito che in riferimento ai debiti tributari di un’associazione sportiva dilettantistica risponde solidalmente il rappresentante legale, che è obbligato ad adempiere correttamente sia agli obblighi dichiarativi sia a quelli di versamento.
Per chi invoca in giudizio tale responsabilità, è sufficiente provare la carica rivestita dal soggetto all’interno dell’associazione e il mancato adempimento degli obblighi fiscali.
Il principio fondamentale di valutazione è rappresentato dall’art. 38 c.c. il quale così dispone:
“Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.
Come è noto si tratta del regime di responsabilità definito per le associazioni prive del riconoscimento della personalità giuridica e ne consegue che tale regola, di carattere generale, si applica anche ai debiti tributari.
Dibattuta in giurisprudenza è la questione concernente la responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’associazione.
La prevalente giurisprudenza di legittimità meno recente (Sentenze Cassazione n. 26290/2007 e n.25748/2008) ritiene che la responsabilità solidale degli amministratori delle ASD non possa essere collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’ente, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa.
Principio che, secondo il costante insegnamento della Suprema Corte (Sentenza Cassazione n. 16344/08) si applica anche ai debiti di natura tributaria.
Di conseguenza, secondo questi orientamenti, chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo, invece, sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita dal soggetto all’interno dell’ente (Sentenza Cassazione n. 12473/15).
Ciò nondimeno, il richiamo all’effettività dell’ingerenza vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura (Sentenza Cassazione n.12473/2015).
Con la pronuncia in commento, la Cassazione, discostandosi dal predetto orientamento, stabilisce che, per fondare la responsabilità personale del soggetto che si è occupato dell’amministrazione dell’ASD, sia sufficiente provare il mancato assolvimento degli obblighi fiscali dell’associazione e quindi lo stesso è solidalmente responsabile del mancato pagamento delle imposte dovute dall’ente.
Viene ribadito l’obbligo del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta di adempiere correttamente sia agli obblighi di natura dichiarativa sia a quelli concernenti il versamento delle imposte dovute.
Nel caso in esame, è risultato pacifico che il legale rappresentante dell’ASD fosse venuto meno a un suo obbligo, non avendo provveduto al versamento dell’Iva trimestrale.
Ne consegue che, per invocare la responsabilità personale e solidale del legale rappresentante, è essenziale “…in concreto accertare se il rappresentante, pur non essendosi ingerito nell’attività negoziale dell’ente, abbia adempiuto agli obblighi tributari, solo in tal caso potendo andare immune da corresponsabilità” e non risulta pertanto necessario dimostrare l’ingerenza dello stesso nell’attività del sodalizio.
Fabrizio Tortelotti