Il trasferimento di residenza deve ritenersi avvenuto nella data in cui l’interessato rende al Comune la dichiarazione di trasferimento, anche se il cambio di residenza viene concesso dopo tale termine. È questo il principio sancito dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la sentenza n. 5243/21/2018 del 29 novembre 2018.
La vicenda
Dopo aver acquistato un’abitazione richiedendo le agevolazioni previste per la prima casa e dopo l’inizio dei lavori per adeguare l’immobile alla normativa in materia edilizia, la contribuente purtroppo aveva riscontrato che il termine dei 18 mesi previsti dalla legge per il trasferimento della residenza non sarebbe stato rispettato, anche a causa del ritrovamento di reperti archeologici nell’area di interesse.
Nonostante gli impedimenti oggettivi sorti a seguito dei lavori, però, la contribuente, entro 18 mesi dalla stipula dell’atto, aveva comunque presentato al Comune il cambio di residenza e trasferito, sempre in tale Comune, la propria sede di lavoro. Tuttavia, considerato che i lavori non erano ultimati, il Comune rifiutava il trasferimento di residenza.
A questo punto, considerato il decorso del termine dei 18 mesi, l’Agenzia delle entrate notificava alla contribuente l’avviso di liquidazione chiedendo la differenza di imposta e le relative sanzioni poiché, secondo l’Agenzia, la contribuente era decaduta dal beneficio per non aver trasferito la residenza. Avverso la notifica dell’Amministrazione finanziaria, la contribuente presentava ricorso presso la Commissione tributaria.
Gli orientamenti dei giudici di merito
La Commissione tributaria provinciale, accogliendo in parte le ragioni della contribuente, aveva annullato le sole sanzioni, ma aveva intimato il pagamento delle imposte.
La Commissione tributaria regionale, a cui entrambe le parti si erano appellate per dirimere la controversia, ha stabilito che, dall’esame degli atti, il trasferimento di residenza può dirsi perfezionato prima della scadenza dei 18 mesi dalla stipula dell’atto. Infatti, secondo i giudici, se da un lato il Comune ha validato il trasferimento di residenza solo dopo il termine dei 18 mesi previsti dalla legge, dall’altro non si può non notare che tale inadempimento è stato causato dal ritrovamento di reperti archeologici, circostanze cioè certamente non preventivabili all’inizio dei lavori.
Inoltre, continuano i giudici, anche secondo la Cassazione (sentenza n. 18188/2015), il cambio di residenza si perfeziona entro il termine di 18 mesi previsto dalla legge, purché venga tempestivamente presentata la relativa domanda e la residenza venga concessa.
Le conclusioni
In definitiva, secondo la Commissione tributaria regionale, il termine di 18 mesi non è perentorio qualora sussistano fatti o circostanze che impediscano l’ottenimento della residenza in tempi brevi. Inoltre, sempre secondo la stessa Commissione regionale, tale principio è desumibile anche dalla Circolare n. 18/E del 2013 della stessa Agenzia delle entrate, sia nella parte in cui precisa che “l’obbligo di stabilire la residenza, entro 18 mesi, nel Comune dove avviene l’acquisto, può essere derogato esclusivamente nell’ipotesi in cui il trasferimento è impedito da cause di forza maggiore sopravvenute in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto” e anche nella parte in cui viene detto che “Ai fini della corretta valutazione del requisito della residenza, il cambio di residenza deve ritenersi avvenuto nella data in cui l’interessato rende al Comune la dichiarazione di trasferimento (v. circolare n. 38 del 2005)”.
Stante quanto sopra premesso, quindi, la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello della contribuente e ha condannato l’ufficio alle spese per il doppio grado di giudizio.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN