Studi professionali più proattivi, opportunità di crescita nell’ambito consulenziale alle aziende e necessità di sfruttare il dato per aumentare la redditività: queste le direttrici della professione tracciate dalla ricerca 2018/2019 dell’Osservatorio del Politecnico di Milano.
Mercoledì 8 maggio la Scuola di Management del Politecnico di Milano ha presentato i risultati della ricerca annuale dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale sullo stato di digitalizzazione degli studi professionali, sulla situazione di mercato a livello di concorrenza e di offerta e sulla domanda di servizi professionali da parte delle PMI italiane.
A partire dal titolo dell’evento “Dati, dati, dati: l’umanesimo digitale del professionista” si è subito posto l’accento sull’importanza di porre al centro delle riflessioni l’uomo con le sue esigenze personali e professionali. La tecnologia e il digitale non hanno valore di per sé ma assumono valore e senso nel momento in cui si rendono funzionali ai bisogni dell’uomo aprendo la strada a nuove opportunità e competenze.
Fattura elettronica e GDPR acceleratori di crescita digitale
La ricerca ha confermato alcuni trend già evidenziati nelle ricerche precedenti e cioè un mercato in cui l’adozione e la comprensione del digitale sono medi e gli studi che si caratterizzano per alti livelli di digitalizzazione e spirito collaborativo sono una minoranza (circa il 5%), ulteriore conferma riguarda la redditività: crescente al crescere del grado di innovazione tecnologica adottata in studio.
Le novità normative (fatturazione elettronica e GDPR) degli ultimi 12 mesi hanno influito a doppia cifra sulla crescita degli investimenti tecnologici, ma per lo più su tecnologie a basso contenuto innovativo quali la conservazione digitale, la condivisione e la gestione documentale elettronica; si registra, invece, una crescita spontanea sul controllo di gestione, che denota la maggior sensibilità circa il valore del dato per lo studio, in primis con l’obiettivo di conoscere la redditività dei clienti.
Cosa vogliono le aziende dal loro commercialista o consulente del lavoro?
In collaborazione con Doxa, è stata fatta un’indagine anche sulle aziende PMI italiane, chiedendo loro il livello di soddisfazione e le aspettative in relazione ai professionisti abitualmente utilizzati (commercialisti, consulenti del lavoro, studi multidisciplinari, avvocati).
Ne emerge una differenza rilevante tra domande e offerta. In particolare, un esubero di offerta per quanto riguarda i servizi di assistenza per finanziamenti, partecipazione a bandi, servizi per la gestione finanziaria e conservazione digitale a norma. Ciò non significa che questi servizi non hanno mercato potenziale, quanto piuttosto che il professionista, sempre più, deve sapersi promuovere, agire in modo proattivo nel proporre nuovi servizi ai clienti e stimolare la domanda.
Per quanto riguarda infine le caratteristiche e la qualità del servizio, aziende e professionisti concordano sull’importanza di velocità, affidabilità e profondità delle risposte ai quesiti, ma il peso relativo attribuito a queste variabili non è uniforme tra i diversi intervistati. Se per il professionista su queste caratteristiche si basa sostanzialmente il valore del servizio offerto, i clienti invece si aspettano qualcosa di più. In particolare, le aziende vorrebbero ricevere consulenza ad ampio spettro per il loro sviluppo e ricevere proposte di nuovi possibili servizi da parte dei professionisti a cui si affidano.
Marilena Antonini – Responsabile Marketing Strategico Gruppo Servizi CGN