Il Rapporto 2019 su Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili evidenzia un quadro non molto positivo per il professionista, ma c’è un modo per tradurre le minacce macroeconomiche dei nostri tempi in opportunità? Forse sì e vale la pena provarci.
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha appena pubblicato il Rapporto 2019 sull’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, da cui emerge una situazione piuttosto preoccupante per i professionisti del settore fiscale e tributario. Un trend figlio sicuramente del contesto economico generale, ma anche di una tendenza culturale della categoria, che, ora più che mai, urge un cambio di approccio alla professione per rilanciarsi e tradurre le minacce dei nostri tempi in opportunità.
Lo scenario macroeconomico nazionale e internazionale non è positivo. L’andamento dell’economia mondiale secondo le ultime stime diffuse dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) si posiziona nel 2018 intorno al 3,6%, in leggero calo rispetto all’anno precedente. La crescita è trainata dai Paesi emergenti, India e Cina, e l’Italia è il Paese che cresce meno tra i Paesi avanzati.
Nello specifico della situazione italiana nel 2018 si registra un calo demografico (-0,17%), ma una leggera crescita sia dell’occupazione (+0,6%) sia del numero di nuove aziende iscritte (+0,5%). Deboli segnali positivi a cui appellarsi, indicativi di una situazione complessiva comunque di stallo.
Tradotti nella fattispecie di commercialisti ed esperti contabili, le statistiche ci dicono che la numerosità del mercato potenziale (privati e aziende) si sta via via riducendo; di contro, aumenta la concorrenza derivante da nuovi professionisti, seppur di poco, considerando che gli iscritti all’Albo DCEC sono cresciuti appena dello 0,3% e i nuovi iscritti sono addirittura calati rispetto al 2017 (-3,5%).
Ma come si giustificano questi dati alla luce degli adempimenti crescenti? Sempre maggior carico di lavoro per i professionisti, a fronte di redditi medi decrescenti? La figura del commercialista è destinata a scomparire? NO, certo che no!
La figura del professionista non è in dubbio in sé e per sé, quello che è messo a dura prova e che va ripensato è piuttosto la fisionomia della professione: il come.
Per commercialisti e consulenti del lavoro che intendono sopravvivere alla congiuntura economica sfavorevole e, anzi, crescere, oggi l’obiettivo è quello di aumentare i margini derivanti dalla propria attività. Come? Lavorando su costi e ricavi (che ben conoscono) con una visione strategica più ampia e un approccio manageriale.
Nella pratica:
- ridurre i costi lavorando sull’ottimizzazione dei processi: questo punto è spesso sottovalutato o tralasciato, ma il risparmio che ne può derivare è molto più elevato e sostenibile di qualsiasi aumento di prezzo. In questo senso ci possono venire in aiuto il digitale, l’innovazione tecnologica e la formazione specifica;
- ridurre al minimo i costi in termini di ore/lavoro relativi alle attività a basso valore aggiunto, posto e premesso che per farlo devo avere cognizione di quanto mi costa una determinata attività;
- investire su attività a maggior valore aggiunto percepito, in primis la consulenza, ma anche attività correlate al proprio core business o nuove opportunità professionali frutto di novità normative o tecnologiche;
- investire su di me, sulle mie capacità personali tanto quanto quelle professionali.
Si tratta di dinamiche comuni alle più diverse categorie professionali, commercialisti tanto quanto medici o dentisti: la concorrenza aumenta e sempre di più si gioca sulla leva prezzo, internet offre grandi opportunità (a volte incomprese) ma anche minacce, il consumatore è informato su tutto in tempo reale e non perde occasione per far sapere a tutti quello che pensa. I tempi cambiano, il mercato si evolve e la professione evolve con esso. Cambiare e uscire dal proprio noto non è mai semplice, ma dobbiamo provarci.
Marilena Antonini – Responsabile Marketing Strategico Gruppo CGN