I corsi predisposti da una società privata necessari a preparare gli studenti a superare gli esami per l’accesso all’università oppure gli esami di laurea non possono beneficiare dell’esenzione dall’IVA, disciplinata dall’articolo 10, primo comma, n. 20, del Dpr 633/1972.
La società istante, in merito, aveva precisato all’Agenzia delle entrate:
- di predisporre corsi per la preparazione degli studenti in tutte materie inserite nell’ordinamento universitario come matematica, fisica, informatica, statistica, chimica, scienza delle costruzioni, finanza aziendale, economia politica, economia aziendale;
- di aver già ottenuto il riconoscimento dalla direzione regionale delle Entrate a seguito del parere rilasciato dall’ufficio scolastico territorialmente competente per beneficiare dell’esenzione IVA per quanto riguarda i corsi erogati a studenti della scuola secondaria, per le materie previste dall’ordinamento scolastico;
- di essersi rivolta direttamente all’Agenzia per un parere in merito alla presente questione considerato di non essere stata in grado di individuare l’organismo competente al rilascio dell’autorizzazione alle prestazioni didattiche a carattere universitario.
Al fine di fornire una risposta al tema trattato, l’Agenzia delle entrate ha innanzitutto ricordato che devono essere considerati esenti da IVA ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 20), Dpr n. 633/1972, “le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni”.
In merito, con la circolare n. 22/2008, l’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Miur, aveva già chiarito che gli enti privati, diversi dalle scuole paritarie e non paritarie, che svolgono “prestazioni didattiche e formative nelle aree presenti negli assetti ordinamentali dell’Amministrazione scolastica (es. corsi monotematici di lingua straniera, ecc.) potranno ottenere una preventiva valutazione rilevante come ‘riconoscimento’ utile ai fini fiscali anche da altri soggetti pubblici diversi dal ministero della Pubblica istruzione (…). La preventiva valutazione potrà essere operata dalle stesse direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate competenti in ragione del domicilio fiscale, le cui determinazioni saranno in ogni caso ancorate al parere tecnico rilasciato dai competenti Uffici scolastici regionali del ministero della Pubblica istruzione in conformità alla circolare diramata dal menzionato Ministero del 18 gennaio 2008, prot. A00DGOS n. 602 …”.
Nonostante l’apertura sopra descritta, l’Agenzia si è anche affrettata però a precisare che l’orientamento appena descritto non può trovare applicazione in ambito universitario.
In merito alla differente procedura che un ente privato deve seguire per essere autorizzato a svolgere attività di formazione nelle materie rientranti nell’ordinamento accademico, il Miur ha precisato che: “La normativa universitaria prevede infatti che i corsi universitari, con le relative attività formative cui sono associati crediti formativi universitari, possono essere attivati esclusivamente dalle università statali e non statali legalmente riconosciute, che sono istituite e accreditate con decreto del Ministro su conforme parere dell’Anvur nel rispetto delle linee generali d’indirizzo della programmazione triennale del sistema universitario in attuazione di quanto previsto dall’art. 2, comma 5, del D.P.R. 27 gennaio 1998, n.25 e art. 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7 convertito dalla Legge 31 marzo 2005, n. 43. Istituzioni non universitarie possono attivare corsi e rilasciare titoli equipollenti a quelli universitari in casi tassativamente indicati da specifiche disposizioni normative e in ogni caso previa autorizzazione di questo Ministero”.
Considerato che la società interpellante non risulta autorizzata dal Miur, l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 94/2019 ha quindi concluso che per il caso in esame non sussistono i presupposti per l’esenzione IVA in merito alle prestazioni didattiche rese per le materie presenti nell’ordinamento universitario. Secondo l’Amministrazione finanziaria, inoltre, in aderenza con l’orientamento già espresso con la circolare 22/2008 paragrafo n. 5, i corsi svolti in favore degli studenti universitari non sembrano rientrare nel perimetro di attività approvate da enti pubblici quali amministrazioni statali, regioni, enti locali, università eccetera tali da far ritenere operante il riconoscimento per atto concludente della specifica attività didattica e formativa posta in essere.
Sulla base delle conclusioni raggiunte dall’Agenzia delle entrate, quindi, la sola dichiarazione rilasciata dalla società istante, attestante che le materie oggetto dei propri corsi rientrano tra quelle presenti nell’ordinamento universitario italiano, non può ritenersi sufficiente a integrare il requisito del riconoscimento nei termini richiesti dal ricordato articolo 10.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN