I soggetti forfettari sono sostituti d’imposta e tale “qualifica” opera, con effetto retroattivo, a partire dal 1° gennaio 2019. Ne deriva che le ritenute non operate sulle retribuzioni erogate dovranno essere recuperate e versate all’erario.
Al fine di fare un po’ di ordine, è innanzitutto indispensabile ricordare che il comma 69 della legge n. 190/2014, privo delle modifiche previste dal decreto Crescita, dispone che i contribuenti che applicano il regime forfetario non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del Dpr n. 600/1973.
L’articolo 5 del Decreto Crescita modifica il predetto comma 69, prevedendo che debbano essere operate le ritenute di cui agli articoli 23 e 24 del Dpr n. 600/1973, rispettivamente ritenute sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati a lavoro dipendente.
Sono queste le conseguenze dei correttivi al “nuovo” regime forfettario introdotto con la Legge di Bilancio 2019. Nel dettaglio, l’articolo 5 del Decreto Crescita stabilisce che gli adempimenti previsti per i sostituti d’imposta devono essere estesi anche al datore di lavoro in regime forfettario, il quale dovrà recuperare le ritenute fiscali non operate sugli stipendi già erogati ai propri dipendenti dal 1° gennaio alla data di entrata in vigore del nuovo provvedimento.
Sotto il profilo operativo, il suddetto articolo 5 prevede che i datori di lavoro rientranti nel regime forfetario saranno tenuti a versare le ritenute non operate sugli stipendi già erogati dal 1° gennaio 2019 a partire dal terzo mese successivo dalla data di entrata in vigore del Decreto Crescita.
Il versamento dovrà essere effettuato in tre rate di pari importo e, pertanto, nei tre mesi successivi a quello di entrata in vigore del Decreto Crescita, ai dipendenti sarà purtroppo decurtata, oltre alle ritenute del mese, la somma corrispondente a un terzo delle ritenute non operate dal 1° gennaio.
Il datore di lavoro dovrà effettuare il versamento delle ritenute Irpef tenendo conto delle scadenze ordinarie previste per tutti i sostituti d’imposta, ovvero entro il 16 del mese successivo a quello di riferimento.
Non vi è dubbio che tale correttivo sia, per i datori di lavoro e per i lavoratori, particolarmente rilevante, ma bisogna riconoscere che tale modifica normativa semplifica notevolmente la gestione degli adempimenti fiscali a carico dei lavoratori, evitando che gli stessi debbano obbligatoriamente presentare la dichiarazione dei redditi allo scopo di liquidare l’Irpef e le relative addizionali.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN