La questione posta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda la ripartizione delle detrazioni per figli a carico quando uno dei due coniugi possiede un reddito più elevato rispetto all’altro derivante dall’applicazione del regime forfettario. Analizziamo nel dettaglio il caso proposto ai tecnici dell’Agenzia con la relativa risposta contenuta nella risoluzione n. 69/E del 22 luglio 2019.
Secondo le norme del TUIR (art. 12, comma 1, lettera c), la detrazione per figli a carico è ripartita:
- nella misura del 50 per cento tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati;
- ovvero nella misura del 100 per cento, previo accordo tra gli stessi, in capo al genitore che possiede un reddito complessivo di ammontare più elevato.
Nel caso in questione l’istante è un lavoratore dipendente (regime IRPEF) coniugato con una libera professionista che applica il regime forfetario. È altresì noto che gli aderenti al regime sostitutivo possono dedurre solo i contributi previdenziali senza alcuna possibilità di recuperare le detrazioni per carichi familiari nonché per spese di utilità sociale.
Si pone quindi la questione di cosa debba intendersi per reddito complessivo da porre a confronto ai fini dell’imputazione delle detrazioni in capo al genitore con reddito più elevato.
In base a una prima analisi, l’istante avrebbe diritto a fruire della detrazione per figli a carico nella misura del 50 per cento, mentre la moglie risulterebbe esclusa dalla medesima detrazione, indipendentemente dalla circostanza che abbia o meno un reddito più elevato. Tuttavia, il marito ritiene di poter fruire della detrazione per figli a carico nella misura del 100 per cento osservando che la natura dell’accordo tra i coniugi si pone l’obiettivo di evitare che, a causa dell’incapienza dell’IRPEF di uno dei genitori, il nucleo familiare perda in tutto o in parte il beneficio fiscale come indicato anche nella circolare ADE n. 15/E/2007.
L’Agenzia delle Entrate si esprime in termini negativi rispetto alla proposta avanzata dal contribuente e fonda le sue ragioni sulla norma che prevede che “ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia di cui all’articolo 12, comma 2, del testo unico di cui al decreto dl Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, rileva anche il reddito determinato ai sensi del comma 64” (Art. 1, comma 75, l.n. 190/2014). In buona sostanza, con tale norma, il reddito determinato secondo i criteri del regime forfetario rileva, unitamente al reddito complessivo, ai fini della determinazione del limite di euro 2.840,51 per considerare i familiari fiscalmente a carico. In ragione di tale norma, i tecnici del fisco incardinano una interpretazione analogica secondo la quale il reddito determinato secondo il regime forfettario al lordo dei contributi previdenziali, rileva anche ai fini della comparazione del reddito più elevato richiesta per stabilire quale genitore possa fruire della detrazione per figli a carico per l’intero importo.
Stando così le cose, l’Agenzia conclude sostenendo che l’istante potrà fruire della detrazione per figli a carico nella misura del 50 per cento mentre la maggiore detrazione del 100 per cento sarebbe spettata nella sola ipotesi in cui il contribuente avesse posseduto un reddito complessivo più elevato rispetto al reddito della moglie in cui si comprende anche il reddito derivante dal regime di vantaggio.
La posizione dell’Agenzia non ha trovato grandi consensi nella dottrina più qualificata per le seguenti ragioni:
- La norma che esclude le detrazioni per figli a carico in caso di possesso di redditi superiori a euro 2.840,51, comprendendo a tal fine anche i redditi forfettari, mira a evitare che vengano attribuiti benefici nei riguardi di soggetti in possesso di redditi oltre la soglia indicata;
- L’applicazione analogica di quella norma al caso in cui, ai fini della comparazione dei redditi complessivi per l’imputazione della detrazione al 100 per cento in capo al genitore col reddito più elevato, è del tutto arbitraria in quanto manca una norma di sostegno rispetto a tale tesi;
- Si aggiunga poi che, secondo un’interpretazione letterale, il reddito in regime forfettario non concorre a determinare il reddito complessivo con la conseguenza che, da un punto di vista tecnico, il reddito complessivo di un soggetto che produce solo rediti forfetari risulta pari a zero.
A questo punto non resta che auspicare un ripensamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN