Il Decreto Crescita (art. 3-quinquies D.L. 34/2019) introduce un’importante novità per quanto concerne la mancata riscossione dei canoni dei contratti di locazione di immobili abitativi. Sarà possibile, a partire dal 1° gennaio 2020, non assoggettare a tassazione in capo al locatore i canoni non incassati già dal momento dell’intimazione dello sfratto per morosità o dell’ingiunzione di pagamento. Ecco nel dettaglio le ricadute di tale intervento normativo.
L’articolo 26 del Tuir stabilisce il principio generale secondo cui i redditi fondiari, nell’ambito dei quali rientrano i canoni di locazione riconducibili a contratti stipulati al di fuori dell’esercizio d’impresa, concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente titolare del diritto di proprietà dell’immobile o di altro diritto reale a prescindere dall’effettiva percezione. In tale contesto normativo, l’unico rimedio previsto è costituito dal procedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto per morosità del conduttore a partire dal quale è possibile non assoggettare a tassazione i canoni non riscossi; mentre per i canoni non riscossi negli anni precedenti, già assoggettati a imposizione, viene prevista l’attribuzione di un credito d’imposta corrispondente alle maggiori imposte versate.
Con la novità in commento si prevede di escludere da tassazione i redditi derivanti dalla locazione degli immobili abitativi qualora i relativi canoni non siano stati percepiti, a condizione che il mancato incasso sia comprovato, alternativamente, dall’intimazione dello sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento. In buona sostanza sarà possibile anticipare il momento a partire dal quale il locatore evita la tassazione di somme non percepite in maniera da non dover attendere la conclusione del procedimento di convalida dello sfratto. In periodi di crisi, quando il mancato pagamento dei canoni locativi determina ulteriori aggravi in capo ai proprietari, per evitare la tassazione dei canoni non riscossi sarà possibile, quindi, provare l’ingiunzione di pagamento o l’intimazione di sfratto per morosità.
È opportuno ribadire che la novità contenuta nel Decreto Crescita è applicabile limitatamente ai contratti di locazione di immobili abitativi con evidente esclusione dei contratti di immobili a uso diverso (non abitativi o commerciali). Per quest’ultima tipologia contrattuale, la normativa non offre ancora alcuna tutela al proprietario, con la conseguenza di dover assoggettare a tassazione i canoni non riscossi finché il contratto risulta in corso senza alcun rimedio. L’unica via di uscita per evitare la tassazione dei canoni non riscossi è rappresentata dalla risoluzione contrattuale.
Viene poi aggiunta una disposizione secondo cui, coerentemente alle modifiche introdotte, l’eventuale riscossione dei canoni non percepiti negli anni precedenti è soggetta a tassazione separata ai sensi dell’articolo 21 Tuir, secondo le regole già previste per i redditi conseguiti a titolo di rimborso di imposte o di oneri dedotti dal reddito complessivo in annualità precedenti. Per tali redditi l’imposta è determinata applicando all’ammontare percepito l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui i redditi sono percepiti.
Anche la data di decorrenza merita di essere evidenziata in quanto le novità descritte si applicano esclusivamente con riferimento ai nuovi contratti stipulati a partire dal prossimo 1° gennaio 2020. Ne consegue che, per i contratti già in essere, restano applicabili solamente i rimedi già previsti in passato, dovendo quindi continuare ad attendere la convalida dello sfratto per morosità del conduttore. Più precisamente, il riferimento alla stipula del contratto sembra escludere l’applicazione della nuova norma ai contratti prorogati dal 1° gennaio 2020.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN