Locazioni brevi: cosa cambia con il Decreto Crescita

Il Decreto Crescita rivoluziona il regime delle locazioni brevi per i soggetti che offrono l’immobile in affitto nelle piattaforme online. Tale innovazione si è resa necessaria al fine di assicurare la tutela del turista e di contrastare eventuali forme di ospitalità irregolari. Inoltre, in tal modo, non sarà possibile sfuggire al versamento della ritenuta (a titolo di acconto o di imposta) dovuta dall’intermediario.

La specifica disciplina delle locazioni brevi è stata introdotta dall’art. 4, commi da 1 a 7 del D.L. 50/2017 convertito con modificazioni dalla Legge 96/2017, prevedendo per i contratti di durata inferiore a 30 gg, non soggetti quindi all’obbligo della registrazione, la possibilità di optare per la cedolare secca e l’obbligo, per gli intermediari che incassano il canone per conto dei soggetti terzi proprietari dell’immobile, al versamento di una ritenuta pari al 21% che diviene a titolo definitivo in caso di opzione per la cedolare secca o a titolo d’acconto in caso contrario. In caso di ritenuta operata, questa va certificata con regolare CU. Non tutti i soggetti si sono adeguati alla normativa, vedasi ad esempio la piattaforma di Airbnb.

Il comma 2 dell’art.13-quater della Legge 58/2019 stabilisce che i dati delle persone alloggiate nelle strutture dovranno essere trasmessi tramite il portale Alloggiati Web alla Questura; il Ministero dell’Interno provvederà poi alla trasmissione – in forma anonima e aggregata per struttura ricettiva – all’inoltro degli stessi all’Agenzia delle entrate, per le verifiche fiscali; i Comuni potranno inoltre accedere a tale banca dati per monitorare il versamento delle tasse di soggiorno eventualmente dovute.

Il comma 4 istituisce il bollino per l’identificazione delle strutture ricettive.

La banca dati delle strutture e degli immobili destinati alle locazioni brevi presenti sul territorio nazionale è istituita presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo; sarà pubblica e comunicata anche all’Agenzia delle entrate.

Ogni struttura avrà un codice identificativo; i criteri della composizione del codice saranno stabiliti da decreto del Ministero.

Una volta ottenuto il codice identificativo, così come stabilito dal successivo comma 7, questo dovrà essere pubblicato obbligatoriamente in tutte le comunicazioni di offerta o di promozione.

Se non viene rispettato tale adempimento, il comma 8 stabilisce l’applicazione di una sanzione pecuniaria da 500 a 5.000 euro per ciascun codice non indicato; se la violazione è ripetuta, la sanzione è raddoppiata.

Rita Martin – Centro Studi CGN