La Corte di Cassazione stabilisce che i redditi di capitale (come per esempio quelli derivanti da partecipazioni in SRL senza apporto di lavoro) non concorrono al calcolo della base imponibile ai fini dei contributi INPS dovuti da artigiani e commercianti.
Con sentenza n. 21540 del 20 agosto scorso, la Corte mette fine alle consolidate pretese INPS in materia, istituto che, secondo la stessa sentenza, interpreta in modo estensivo ed errato la normativa di riferimento circa l’inclusione nella base imponibile ai fini contributivi dei redditi da capitale e senza osservare le dovute differenze non solo sul piano oggettivo dell’attività di impresa, ma anche dal punto di vista fiscale.
Il risultato che ne deriva è un ingiustificato appiattimento di due diverse categorie reddituali che aumenta in modo automatico l’obbligo contributivo sulla base delle informazioni disponibili in dichiarazione reddituale.
In particolare la stessa Cassazione analizza la legge n.233 del 2 agosto 1990, modificata dall’art.3-bis del D.L. n.384/1192, con la quale viene stabilito che il calcolo dei contributi INPS è effettuato tenendo conto del totale dei redditi di impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno di riferimento.
L’INPS, tramite le circolari n. 102/2003 e n. 84/2011 ed in relazione anche alla sentenza della Corte costituzionale 354/2001, relativa agli obblighi contributivi dei soci di società di capitale e di persone, con o senza apporto di lavoro, allarga il perimetro di riferimento dei redditi inclusi nella base imponibile ai fini del calcolo dei contributi previdenziali (appunto “totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef”) mentre invece la Cassazione distingue in modo definitivo redditi di impresa e redditi di capitale, dal punto di vista previdenziale e contributivo.
La Cassazione, con la recente sentenza, dispone che per individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre fare riferimento alle norme fiscali, e dunque in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 917/1986.
Secondo quanto ivi previsto i redditi d’impresa sono distinti dai redditi di capitale:
- i primi, cosi come dispone l’art. 55 (nel testo post riforma del 2004) sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale;
- l’art. 44 lettera e) (nel testo post riforma del 2004) ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG (ora IRES).
È partendo da tale distinzione che la Corte di Cassazione ha chiarito che per artigiani e commercianti al calcolo dei contributi INPS non concorrono i redditi di capitale.
Diverso è invece il trattamento previsto per i soci di società di persone. La Corte di Cassazione ricorda che in tal caso opera il principio della trasparenza fiscale e:
“i redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale, sono considerati redditi di impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi (art. 6 comma 3 del testo post riforma del 2004 del D.P.R. n. 917 del 2016).”
Un regime quindi specifico, sia a livello fiscale e contributivo, già affrontato dalla Cassazione con la sentenza n. 29779 del 2017, che portò a stabilire che in tal caso i contributi INPS dovuti da artigiani e commercianti comprendono anche i redditi percepiti in qualità di socio accomandante, seppure diversi dal reddito che trova causa nel rapporto di lavoro oggetto della posizione previdenziale.
Nell’obbligo contributivo INPS è incluso quindi il reddito d’impresa formatosi in capo al socio di società di persone, nel regime di trasparenza tributaria dello stesso, ma ne resta estraneo il reddito del socio di società di capitale (SRL), in quanto avente natura di reddito di capitale.
Fabrizio Tortelotti