Il CNDCEC ha pubblicato la bozza degli indici di bilancio al cui superamento si individuerebbero le situazioni di criticità economico – finanziario – patrimoniale dell’impresa, che la porrebbero in situazione di potenziale crisi aziendale.
Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (art. 3 D.Lgs. n. 14 -2019) norma un concetto scontato nella conduzione di una sana gestione aziendale e cioè l’adozione di misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e l’assunzione senza indugio di opportune iniziative.
Inoltre, anche a questo scopo e in funzione della continuità aziendale, l’imprenditore collettivo (sia esso società o altro ente collettivo), deve adottare un assetto organizzativo – amministrativo e contabile adeguato alla natura e dimensioni dell’impresa.
Ma su quali basi “normative” ci si troverà in una fase di crisi d’impresa?
Innanzi tutto è bene rifarsi alle definizioni contenute nello stesso Codice (art. 2), per definire lo “stato di crisi” come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.
Da ciò si desume che la fase di crisi è “solo di difficoltà” e quindi “recuperabile”, ma quando l’impresa potrà dire di trovarsi in tale situazione?
A tal proposito, l’art. 13 del predetto “Codice” indica alcuni degli indici e situazioni contenute nel corpo del D.Lgs. n. 14-2019, che evidenziano particolari squilibri di carattere reddituale / patrimoniale / finanziario.
Tali indici devono evidenziare la sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e le prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi.
A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento, considerati i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi.
Ma ancora, il D.Lgs. n.14-2019 rinvia all’elaborazione da eseguirsi a cura del CNDCEC di ulteriori indici che, con riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni ISTAT, valutati unitariamente, faranno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa.
Per le start-up e PMI innovative, società in liquidazione e imprese costituite da meno di due anni, il CNDCEC elaborerà indici specifici.
Orbene, nella prima decade di settembre 2019, è stata diffusa la bozza dei 7 indici da considerare per ritenere l’impresa “in stato di crisi”.
Si tratta di:
- Patrimonio Netto Negativo (o se inferiore ai minimi di legge)
- Patrimonio netto positivo con DSCR inferiore a 1 (debt service coverage ratio che indica il grado di copertura del debito – di cassa disponibile a 6 mesi / debiti da rimborsare in 6 mesi)
- Oneri Finanziari / Ricavi
- Patrimonio Netto / Debiti totali
- Attivo a Breve / Passivo a Breve
- Cashflow / Attivo
- Debiti Previdenziali e Tributari / Attivo
Gli ultimi cinque indici di cui sopra, diversamente individuati per 18 settori di attività, sono esplicitati in un’apposita tabella.
Dapprima si applicano gli indici n. 1 e 2; successivamente, se il patrimonio netto è positivo e il DSCR non è disponibile oppure ritenuto qualitativamente non sufficiente a rappresentare dei dati prognostici, si dovranno considerare, congiuntamente, i successivi 5 indici.
L’impresa che, per le proprie caratteristiche, non ritenga adeguati gli indici elaborati dal CNDCEC, potrà specificarlo nella nota integrativa al bilancio di esercizio.
Inoltre essa, nella medesima nota, dovrà indicare gli indici che ritiene idonei a far ragionevolmente presumere la sussistenza del suo stato di crisi.
Sarà un professionista indipendente ad attestare l’adeguatezza degli indici prescelti, i quali si riterranno validi per l’esercizio successivo.
Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo