La riforma del catasto, ancora una volta, rientra in uno dei 23 Ddl collegati all’ultima manovra di bilancio 2020-2022 varata recentemente dal Governo. L’intento, ribadito in più occasioni, consiste nel far scomparire le sperequazioni tra immobili analoghi aventi tuttavia notevoli differenze in termini di valori catastali, con l’obiettivo di mantenere “l’invarianza del gettito complessivo”.
Per quanto riguarda la rendita catastale, la riforma intende rideterminarla, collegandola ai valori di mercato delle locazioni e quantificandola sulla superficie in mq. Quanto al valore patrimoniale dell’immobile, lo stesso dovrà invece basarsi sui prezzi desunti dal mercato immobiliare e anche qui quantificarsi sui mq.
Tuttavia, la rideterminazione effettiva – tanto della rendita quanto del valore patrimoniale – avverrebbe applicando ai suddetti valori un algoritmo di funzioni statistiche che tenga conto delle diverse e specifiche caratteristiche dell’immobile (ad esempio l’appartenenza ad una determinata classe energetica, a parametri antisismici, etc).
È facile ora comprendere che, se cambieranno i valori su cui calcolare imposte e tasse sugli immobili, ciò avrà dei riflessi sulle tasche dei contribuenti. Mentre in passato la tassazione sugli immobili gravava prevalentemente sul momento della compravendita rispetto alla condizione del loro possesso, ultimamente si osserva che anche quest’ultima ha subito un incremento dell’imposizione, pur rimanendo invariata quella sulle transazioni.
Tassare pesantemente un immobile per il solo fatto di possederlo (con o senza reddito) – escludendo ovviamente le abitazioni principali, che attualmente sono esenti – grava sensibilmente sui contribuenti i quali poi, paradossalmente, trovano l’ostacolo dell’imposizione fiscale anche in sede di eventuale compravendita, arenando ulteriormente un mercato già in crisi.
Ricollegandoci quindi all’espressione usata all’inizio, cioè “invarianza del gettito complessivo”, che abbiamo scritto essere l’obiettivo “di rispetto” della riforma, occorre chiedersi come ciò sia realizzabile e soprattutto cosa sottende tale espressione.
Tutti d’accordo sul fatto che i nuovi valori di rendita e patrimonio – come sopra determinati –rappresenteranno imponibili fiscali più allineati (rispetto agli attuali), ai valori reali degli immobili: ma stiamo parlando fondamentalmente di aumenti, non diminuzioni, quindi potenzialmente maggiore imposizione fiscale. Vero anche che l’esecutivo, nell’emanare il decreto legislativo di attuazione, al fine di garantire l’invarianza del gettito ed evitare un aumento della pressione fiscale sui contribuenti, dovrà normare per bene gli aspetti legati ai nuovi imponibili fiscali degli immobili – relativi sia al possesso sia alle transazioni – introducendo in parallelo modifiche nelle aliquote, nelle deduzioni, detrazioni e franchigie da applicare, ciò anche in relazione alla situazione socio-economica e familiare dei contribuenti.
Tuttavia, la parola “complessivo” sta ad indicare che l’invarianza del gettito riguarda lo Stato nel suo complesso non il singolo contribuente, considerando peraltro che, nella legge delega, manca un esplicito riferimento persino all’invarianza del gettito a livello locale.
Pertanto pare lontana l’ipotesi che, in contrasto ad imponibili fiscali più elevati, possano corrispondere – sia per le imposte dirette, sia indirette – proporzionali riduzioni ad hoc delle aliquote (magari diversificate per ogni Comune oppure in relazione al singolo immobile), o altre modifiche compensative, finalizzate a rendere sostenibili gli effetti della riforma ai singoli contribuenti.
Nel concetto di “invarianza di gettito complessivo” quindi, c’è un mare di situazioni che si potranno presentare: contribuenti che – a torto o ragione – pagheranno di più, altri di meno, altri ancora non subiranno effetti. Quindi, ammesso che la revisione del catasto non finisca nuovamente nel limbo, la domanda sorge spontanea: quali saranno le concrete conseguenze, in termini di giustizia sociale, legate a questa fantomatica riforma? Assisteremo inoltre ad un’ulteriore mazzata sul mercato immobiliare?
Michele Viel – Centro Studi CGN