La Sentenza n. 2897/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano dispone che la fattura con descrizione generica comporta l’indetraibilità dell’IVA nonché l’indeducibilità del costo relativo.
La stessa quindi segue l’orientamento già esplicitato con le precedenti Sentenze n. 21980/2015 e 27777/2017 della Corte di Cassazione.
La questione riguarda una società che ha impugnato l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, la quale contestava la presunta genericità della descrizione delle fatture in acquisto, causando per la stessa Agenzia delle Entrate l’automatica indetraibilità dell’IVA e l’indeducibilità dei costi.
Questo automatismo era scaturito sebbene la stessa società avesse fornito la piena prova dell’effettività e dell’inerenza dei costi contestati.
Per tale ragione, l’ufficio aveva proceduto al recupero a tassazione dei costi indebitamente dedotti ai fini IRES e IRAP nonché dell’IVA indebitamente detratta.
La CTP di Milano ha rigettato il ricorso della società riconoscendo la ragione all’Agenzia delle Entrate, sottolineando l’importanza della corretta e completa compilazione delle fatture.
Viene posta infatti attenzione a quanto dispone l’art. 21 D.P.R. n. 633/1972, che specifica che tra gli elementi da indicare in fattura rientrano “la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione”.
Non risulta sufficiente la lettera di incarico o il contratto presentato in sede di accertamento per evitare che la descrizione generica indicata in fattura in merito alla prestazione o al bene acquistato porti al disconoscimento del diritto a detrazione IVA e deduzione del costo.
Si tratta certo di idonei documenti probatori da presentare in sede di contestazione, ma la valutazione sarà ovviamente fatta caso per caso.
Secondo la Cassazione, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell’impresa, solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e contenuto prescritti dal DP.R. 633/1972, art. 21. Il documento fattura infatti risponde ad “un’oggettiva finalità di trasparenza e di conoscibilità essendo funzionale a consentire l’espletamento delle attività di controllo e verifica da parte dell’amministrazione finanziaria consentendo l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione”.
La Sentenza n. 2777/2017 aveva precedentemente disposto che “un’indicazione generica (o a maggior ragione assente) dell’operazione fattura, come nel caso de quo, infatti non è idonea a soddisfare le finalità conoscitive che la norma intende assicurare”.
Con la sentenza n. 21980/2015, la Corte di Cassazione aveva già ribadito che, sia ai fini delle imposte dirette che in merito all’IVA, la fattura costituisce: “elemento probatorio a favore dell’impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dall’art. 21 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 ed idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate.”
Sia ai fini della detrazione IVA che della deduzione del costo, al contribuente spetta il compito di provare l’inerenza del bene o del servizio acquistato all’attività imprenditoriale.
La generica descrizione della prestazione indicata in fattura potrebbe quindi comportare l’indeducibilità del costo ai fini delle imposte dirette, per violazione delle norme in tema di inerenza (art. 109 Tuir) e l’indetraibilità dell’IVA, con irrogazione della sanzione da euro 1.000 a euro 8.000 prevista dall’articolo 9 D.Lgs. 471/1997.
Fabrizio Tortelotti