È ancora fresco il ricordo dell’introduzione dell’obbligo della fatturazione elettronica. Quasi tutti i soggetti passivi (ad oggi, rimangono esentate ancora alcune categorie, quali i forfettari, oppure coloro che applicano il regime dei minimi o di vantaggio) dal 1° gennaio 2019 hanno dovuto abbandonare le vecchie fatture e ricevute cartacee per iniziare ad emettere la relativa documentazione in formato elettronico.
La fattura elettronica è un documento informatico che permette di generare, trasmettere e conservare in formato .xml le fatture, propriamente dette. Queste vengono trasmesse al cliente tramite il Sistema di Interscambio (SdI), il quale ha il compito di verificare:
- se il documento presenta tutti i dati obbligatori ai fini fiscali;
- se il codice destinatario (anche denominato “codice univoco a 9 cifre”) è stato inserito correttamente.
Ma cosa cambia per la dichiarazione dei redditi con l’introduzione di questo nuovo obbligo?
Uno dei dubbi che ha accompagnato l’avvento dell’obbligo della fatturazione elettronica è stato quello riguardante la documentazione da considerare rilevante ai fini fiscali per il privato.
L’Agenzia delle entrate con la FAQ n. 45 del 21 dicembre 2018 e aggiornata il 19 luglio 2019 ha chiarito che «ai fini del controllo documentale di cui all’articolo 36 ter del D.P.R. n. 600 andrà fatto riferimento ai contenuti della copia analogica della fattura elettronica rilasciata al consumatore finale». L’esercente, infatti, deve obbligatoriamente mettere a disposizione del consumatore finale, al momento dell’emissione della fattura in formato digitale, una copia cartacea della stessa, chiamata “copia di cortesia”, salvo che il cliente non vi rinunci. Contestualmente, l’impresa o il professionista dovrà comunicare al privato che il documento sarà inviato tramite SdI e lo potrà trovare accedendo alla sua area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate (dal 21 dicembre 2019 infatti il privato può consultare le fatture a lui destinate nella sua area riservata del sito dell’Agenzia come stabilito dal provvedimento del 30/04/2018 del Direttore dell’Agenzia delle entrate).
Sarà quindi proprio la copia analogica ad essere utilizzata come documentazione a sostegno delle spese che si porteranno in detrazione o deduzione nella dichiarazione dei redditi. Sostanzialmente nulla cambierà quindi per il privato che si recherà al CAF per trasmettere la propria dichiarazione dei redditi.
Si sottolinea che l’Agenzia delle entrate considera la fattura elettronica l’unico documento rilevante ai fini civili e fiscali, sia per l’emittente che per il destinatario e per questo motivo, qualora i dati presenti nella copia analogica fossero discordanti da quelli della fattura elettronica, solo quest’ultima sarà ritenuta documento valido, salvo prova contraria.
Vediamo un esempio pratico, che spieghi quanto sopra riportato.
Ipotizziamo che la ditta X abbia effettuato dei lavori di ristrutturazione presso l’abitazione di Tizio e abbia rilasciato a quest’ultimo copia di cortesia della fattura in cui l’importo totale risulta essere pari a 2.000,00 €, somma che Tizio ha opportunamente versato a mezzo bonifico bancario dedicato.
Qualora per un errore della ditta X, nella fattura elettronica sia stato imputato l’importo totale dovuto pari a 1.000,00 €, pertanto discordante da quello indicato nella copia analogica, l’Agenzia delle entrate riterrebbe valido ai fini fiscali l’importo della fattura elettronica, cioè 1.000,00 €.
Il contribuente potrebbe tutelarsi, nel caso di eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria, presentando la copia del bonifico o dell’estratto conto dal quale sia possibile evincere la somma erogata a favore della ditta X.
Alla luce di ciò, confermiamo che per il consumatore finale la copia di cortesia della fattura elettronica ha valenza a fini fiscali ma si consiglia di conservare sempre copia dei pagamenti effettuati nel caso di eventuali controlli futuri.
Chiara Leschiutta – Centro Studi CGN