L’emergenza epidemica da COVID-19 inciderà notevolmente sull’adempimento dei contratti, generando ritardi nell’esecuzione delle prestazioni oppure rendendole impossibili o eccessivamente onerose, per via delle condizioni ormai superate in ragione delle quali erano state incardinate le condizioni economiche nonché le clausole dei contratti originariamente conclusi.
I casi possono essere molteplici: dal conduttore di un negozio che offre servizi alla persona la cui attività è sospesa dal DPCM 11 marzo 2020 (si prenda in considerazione, ad esempio, estetiste e parrucchieri), con conseguenti difficoltà nel pagamento del canone di locazione, alle imprese che si ritrovano in magazzino merce deperibile che non hanno potuto vendere (si pensi ai floricoltori) con i costi di produzione già sostenuti oppure fornitori ancora da pagare o all’ipotesi in cui uno dei soggetti facenti parte della catena di rapporti tra loro interdipendenti (come i tour operator) non possa adempiere la propria obbligazione a causa della chiusura di una delle sue controparti, con effetti economici a cascata su tutti i contraenti.
Il decreto Cura Italia interviene con una norma che si rende applicabile in tutti i casi in cui l’inadempimento è una conseguenza delle misure di contenimento della pandemia. La disposizione mira alle difficoltà dei contraenti nella fase dell’adempimento dei contratti già conclusi stipulati in un momento in cui le misure di contenimento di contrasto alla pandemia non erano prevedibili. Si tratta di una norma apprezzabile per la sua finalità (agevolare i debitori in difficoltà), anche se infelice nella tecnica legislativa, e nel merito così si legge: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.” (art. 91 del D.L.18 del 17 marzo 2020).
In altri termini, la circostanza di dover per forza di cose restare a casa e fermare le attività economiche non indispensabili per rispettare le misure di sicurezza rappresenta una causa di forza maggiore che può essere sollevata da parte di chi non riuscirà a rispettare gli impegni. Vuol dire che per il debitore sarà sufficiente dimostrare che l’inadempimento è maturato nel contesto delle misure ed è conseguenza di esse, senza dover anche provare che questo evento (le misure) è straordinario, imprevedibile e non controllabile. Si tratta di una disposizione che alleggerisce l’onere della prova in capo al debitore senza modificare in alcuna maniera l’impianto normativo generale in materia di obbligazioni e contratti.
Si tratta di una norma speciale che si applica di volta in volta senza alcun automatismo e si rivolge:
- al debitore, consentendogli di provare in maniera agevolata il ritardo o l’impossibilità sopravvenuta della sua prestazione a seguito delle misure contenitive;
- al giudice, che secondo il suo libero apprezzamento si troverà a valutare nel caso specifico se l’inadempimento del debitore è stato determinato dal rispetto delle disposizioni in materia di contrasto all’epidemia prestando maggiore attenzione alle ragioni dei debitori in difficoltà in questa fase di grave emergenza;
- al creditore, incentivandolo a ricercare soluzioni di compromesso, in quanto l’intervento legislativo in materia di ritardi e inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento, per motivi di opportunità rafforzati dalle circostanze, potrebbe comportare la censura in giudizio della sua richiesta di adempimento.
Le parti di un contratto già concluso si troveranno a dover:
- verificare se possono essere applicate le clausole di eccessiva onerosità sopravvenuta o di impossibilità sopravvenuta;
- valutare se sussistono basi legali per invocare la clausola del mancato adempimento;
- approfondire l’opportunità di rinegoziare il contratto;
- agire con la dovuta diligenza, ponendo in essere ragionevoli sforzi per consentire l’adempimento.
Per evitare che i contratti stipulati possano rimanere intrappolati nelle lungaggini legali, la parola magica nei rapporti contrattuali in corso è: rinegoziare. Quando si invoca la forza maggiore o l’impossibilità sopravvenuta, per le parti è meglio ridefinire i termini, le scadenze e gli impegni. Attendere i tempi della giustizia potrebbe non essere conveniente quando una delle due parti invochi la forza maggiore o l’impossibilità sopraggiunta con il rischio che l’altra parte potrebbe nel frattempo cadere in una condizione di crisi irreversibile.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN