Gli atti tributari non possono essere notificati all’indirizzo risultante dal servizio “Seguimi” di Poste italiane: la notifica, quindi, non è valida. È questo il principio che ha sancito la Corte di cassazione con l’ordinanza 31479/2019.
L’articolo 60 del D.P.R. n. 600/1973, in merito, stabilisce che “salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario”. Il contribuente, comunque, ha la “facoltà di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale”; in tal caso, però, “l’elezione di domicilio deve risultare espressamente da apposita comunicazione effettuata al competente ufficio a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero in via telematica”.
Nel caso in cui un contribuente intenda trasferirsi in Italia o all’estero, Poste italiane ha istituito il servizio “Seguimi” affinché la corrispondenza venga inoltrata dal vecchio al nuovo indirizzo di recapito. Stante tale servizio promosso da Poste italiane, ci si è chiesti se la notifica al nuovo indirizzo sia valido.
La Commissione tributaria provinciale di Perugia, con la sentenza n. 40/01/2015 si era pronunciata a favore dell’Erario che aveva provveduto ad utilizzare la procedura per gli irreperibili, con deposito presso la Casa comunale.
Con l’ordinanza 31479/2019, invece, la Cassazione si è occupata di un caso in cui il contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento per vizio di notifica degli avvisi di accertamento presupposti, i quali non sarebbero stati ricevuti, atteso che l’Agenzia delle Entrate li aveva dapprima notificati presso il vecchio domicilio fiscale del contribuente e poi, essendo tali atti stati rispediti al mittente dalle Poste, che aveva annotato su di essi l’adesione al servizio «Seguimi» e il nuovo indirizzo di residenza, l’Agenzia delle Entrate aveva rispedito gli atti tributari al nuovo indirizzo indicato.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 31479, ha sancito che non è possibile equiparare l’indirizzo indicato per il servizio “Seguimi” avente mera natura contrattuale. In altre parole, secondo la Suprema corte, tale nuovo indirizzo “non assume alcuna rilevanza giuridica ai fini della validità delle notificazioni, né l’indicazione di un indirizzo al quale recapitare la corrispondenza può assurgere ad elezione di domicilio ai sensi della lett. d) dell’art. 60 citato, difettando i requisiti formali prescritti dalla citata disposizione”.
Secondo i giudici della Suprema corte quindi, “La notificazione degli avvisi di accertamento, dunque, è stata compiuta in violazione dell’art. 60 D.P.R. n. 600 del 1973” e non può “reputarsi sanata dal raggiungimento dello scopo in mancanza di elementi atti a far ritenere che i plichi siano stati comunque consegnati al contribuente”.
Massimo D’Amico – Centro Studi CGN