Possono essere beneficiari delle misure di integrazione salariale anche gli apprendisti? Se sì, a quali condizioni? Facciamo chiarezza, distinguendo anche le diverse fattispecie di tipologia contrattuale.
L’art. 41 del Decreto Legislativo del 15 giugno 2015, n. 81 definisce l’apprendistato come “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani”.
Tale tipologia contrattuale si articola in tre diverse fattispecie la prima delle quali, denominata “apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore” (ma anche più semplicemente “apprendistato di primo livello”) risulta strutturata al fine di far conseguire al giovane un periodo formazione professionale ripartito tra quello effettuato in azienda e quello svolto presso le istituzioni formative scolastiche. Possono essere assunti con tale contratto i giovani tra i 15 e i 25 anni di età e la sua durata è stabilita in considerazione della qualifica o del diploma da conseguire (non può essere superiore a tre anni o a quattro anni nel caso di diploma professionale quadriennale).
Con la seconda tipologia – l’“apprendistato professionalizzante o di mestiere” – possono essere assunti in tutti i settori di attività e per una durata minima di 6 mesi e massima di tre anni (salvo il settore artigianale la cui durata massima è elevata a 5 anni), i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni al fine di conseguire e acquisire specifiche qualifiche professionali o di mestiere. Infine la terza fattispecie dell’“apprendistato di alta formazione e ricerca” permette l’accesso al mondo del lavoro ai soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo, al fine di conseguire un titolo universitario o una formazione di alto livello (compresi i dottorati di ricerca). Nell’attuale contesto emergenziale, a seguito della diffusione del virus Covid-19, anche il contratto di apprendistato, come tutte le altre tipologie contrattuali, risulta essere coinvolto dalle criticità conseguenti la sospensione delle attività produttive. Si pone, pertanto, la questione se i lavoratori in regime di apprendistato possano essere beneficiari delle misure di integrazione salariale emanate attraverso le disposizioni di cui al D.L. 2 marzo 2020 n. 9 e al D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto Cura Italia) e quali criteri e principi debbano essere applicati.
In primo luogo è necessario rifarsi a quanto già disposto dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 (c.d. Jobs Act) ove, al comma 1 dell’art. 2, è ben specificato come siano destinatari dei trattamenti di integrazione salariale i lavoratori assunti con contratto di apprendistato professionalizzante.
Quindi rimangono esclusi da tale tipologia di sostegno le altre fattispecie di apprendistato (primo livello e alta formazione), estromesse, tra l’altro, anche dalla regolamentazione della cassa integrazione in deroga.
Stabilito che solo l’apprendistato professionalizzante può avvalersi delle integrazioni salariali, il D.Lgs. 148/2015 puntualizza, inoltre, che i soggetti così inquadrati, sono destinatari dei trattamenti straordinari di integrazione salariale se alle dipendenze di imprese per le quali trovano applicazione tali integrazioni salariali straordinarie, limitatamente alla causale di intervento per crisi aziendale.
Nei casi in cui l’impresa, invece, rientri nel campo di applicazione sia delle integrazioni salariali ordinarie che di quelle straordinarie, oppure delle sole integrazioni salariali ordinarie, gli apprendisti professionalizzanti potranno accedere esclusivamente ai trattamenti ordinari di integrazione salariale.
Sempre il D.Lgs. 148/2015 stabilisce, poi, che agli apprendisti “professionalizzanti” siano riconosciute le indennità per integrazione salariale nelle medesime misure previste per tutti i lavoratori (cfr anche Circ. Inps 20/2020).
L’Inps, con la Circolare del 2 dicembre 2015, n. 197, puntualizzava come le novità introdotte dal Jobs Act relativamente all’integrazione salariale – e nello specifico la cassa integrazione ordinaria (CIGO) e la cassa integrazione straordinaria (CIGS) – spettando a tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato, siano applicabili anche a favore degli apprendisti con contratto professionalizzante, che alla data della presentazione della domanda dell’ammortizzatore sociale abbiano una anzianità di effettivo lavoro di almeno 90 giornate, ribadendo l’esclusione degli altri contratti di apprendistato dalle tutele al reddito. Per questi ultimi, infatti, essendo dei veri e propri percorsi formativi, rimangono soggetti alle disposizioni previste per la sospensione dei percorsi scolastici e di istruzione previsti per la fase di emergenza da Covid-19.
Infine, rammentando che il contratto di apprendistato professionalizzante (come gli altri contratti di apprendistato) è un rapporto di lavoro a contenuto formativo, lo stesso risulta soggetto all’obbligo di redazione e tenuta di uno specifico piano formativo individuale a dimostrazione e rendicontazione del percorso intrapreso.
Pertanto, sempre per espressa previsione del D.Lgs. 148/2015, i periodi di apprendistato e formazione non svolti a seguito delle sospensioni della prestazione o riduzioni di orario di lavoro dovute per intervento di ammortizzatori sociali, dovranno essere recuperati alla ripresa dell’attività, prorogando in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato