Nel caso in cui si trasferisca nel quinquennio l’immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa” e non si proceda all’acquisto entro l’anno di un nuovo immobile, da destinare ad abitazione principale, si verifica la decadenza dall’agevolazione fruita.
A riprendere il tema è l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 80 del 27 febbraio 2020.
Nel caso di specie, un contribuente che aveva acquistato un immobile abitativo in data 3 novembre 2014 beneficiando delle agevolazioni “prima casa”, si separava consensualmente dal coniuge nell’ottobre 2018 e rivendeva a terzi l’abitazione con atto del 27 novembre 2018. Vista la separazione consensuale e la cessione a terzi dell’immobile agevolato, il contribuente sosteneva di aver diritto al mantenimento del beneficio nonostante non avesse proceduto all’acquisto di un nuovo immobile entro i 12 mesi successivi.
La risposta dell’Agenzia è negativa, in tale caso i benefici fiscali si perdono.
Infatti, la risoluzione n. 80 del 9 settembre 2019, aderendo alla tesi espressa dalla sentenza della Cassazione n. 7966 del 21 marzo 2019, ha ribadito che “la cessione a terzi di un immobile oggetto di agevolazione prima casa in virtù di clausole contenute in un accordo di separazione omologato dal giudice finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale, non comporta la decadenza dal relativo beneficio”. Ma il caso in esame è differente: l’istante e la coniuge hanno concluso un accordo di separazione davanti all’ufficiale di stato civile del Comune di Milano, ai sensi dell’art.12 del DL n. 132/2014, che stabilisce che “i coniugi possono concludere, innanzi al sindaco, quale ufficiale dello stato civile, del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione personale ovvero di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”. E tale accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale poiché si tratta di una modalità semplificata di separazione non “omologata dal giudice”.
Ne consegue che nel caso oggetto dell’interpello, una pattuizione avente ad oggetto trasferimenti patrimoniali non può essere parte integrante della procedura consensuale. In tali casi, infatti, non può richiamarsi la risoluzione n. 80 del 2019 dal momento che la stessa si riferisce alla diversa ipotesi in cui la separazione si realizza nell’ambito dell’istituto della negoziazione assistita di cui all’art. 6 del DL n. 132/2014.
Giovanni Fanni – Centro Studi CGN
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