Con una disposizione nata con l’obiettivo di rendere fruibili nel più breve tempo possibile i crediti d’imposta, il D.L. Rilancio introduce la possibilità, in luogo dell’utilizzo diretto, di cedere a terzi, anche parzialmente, i crediti d’imposta sorti in occasione dell’emergenza epidemiologica. Analizziamone nel dettaglio gli aspetti essenziali, in attesa del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate per le necessarie modalità attuative.
L’art. 121 del D.L. 34/2020 esordisce riconoscendo, dalla data di entrata in vigore del Decreto (19 maggio 2020) e fino al 31 dicembre 2021, la possibilità per i soggetti beneficiari dei crediti d’imposta di optare (in luogo della compensazione diretta) per la cessione, anche parziale, degli stessi ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari.
La cedibilità dei crediti d’imposta si applica tassativamente alle seguenti misure introdotte per arginare gli effetti negativi provocati dalla pandemia da Covid-19:
- credito d’imposta per botteghe e negozi (ex art. 65 del D.L. 17/3/2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24/4/2020, n. 27;
- credito d’imposta per locazione di immobili ad uso non abitativo di cui all’art. 28, D.L. 34/2020;
- credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro di cui all’art. 120, D.L. 34/2020;
- credito d’imposta per sanificazione degli ambienti di lavoro di cui all’art. 125, D.L. 34/2020.
Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente:
- in compensazione secondo le regole stabilite ex art. 17 del D.Lgs. 241/1997;
- nell’anno di riferimento e in quelli successivi;
- senza i limiti massimi di utilizzo indicati senza applicazione del limite annuo di un milione di euro (che ritornerà a 700.000 euro dal 2021), né di quello di 250.000 euro proprio dei crediti indicati nel quadro RU del modello Redditi;
- senza la possibilità di richiedere il rimborso.
La scelta tra utilizzo diretto e cessione avverrà opportunisticamente in ragione della situazione del contribuente e le variabili da prendere in considerazione potranno essere le seguenti:
- i debiti d’imposta da assolvere;
- i differimenti in corso dei versamenti fino al 16 settembre;
- il termine da cui si potrà iniziare a fruire della compensazione che verrà indicato nel provvedimento di attuazione.
Elementi non trascurabili da prendere in considerazione sono il corrispettivo che i cessionari saranno disposti a riconoscere nonché il regime fiscale della differenza rispetto al valore nominale del credito ceduto. Analogamente a quanto previsto per i crediti da ecobonus e sisma bonus, si potrebbe ipotizzare un corrispettivo scontato rispetto al valore nominale. La differenza dovrebbe costituire una sopravvenienza attiva per il cessionario e un costo deducibile per il cedente (cfr. interpello Agenzia delle Entrate n. 105/2020).
La cessione del credito non pregiudica i poteri da parte dell’Agenzia delle Entrate relativi al controllo della spettanza del credito d’imposta. Si sottolinea quanto segue:
- i beneficiari/cedenti ne risponderanno in proprio per quanto concerne il merito del credito d’imposta;
- i cessionari non ne risponderanno nel merito, ma esclusivamente per quanto concerne l’utilizzo irregolare o maggiore rispetto al credito ricevuto.
Non sono previste in queste ipotesi né la responsabilità in solido tra il cedente e il cessionario, né il visto di conformità sulla sussistenza dei presupposti del credito (a differenza di quanto avviene nella cessione dei bonus edilizi ex comma 5 dell’articolo 121 del Decreto Rilancio).
Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate definirà le modalità attuative, comprese quelle relative all’esercizio dell’opzione, da effettuarsi in via telematica.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN