Dal 1° luglio la soglia massima per i pagamenti si riduce, passando da 3.000 euro a 2.000 euro. Il limite scenderà ancora, arrivando a 1.000 euro, a partire dal 1° gennaio 2022. Chiariamo quali sono i risvolti pratici di questa novità.
È l’art. 49 del D.Lgs. 231/2007 (meglio conosciuto come “Antiriciclaggio”) a limitare l’uso del denaro contante, fra soggetti diversi, a qualsiasi titolo, quando il valore oggetto di trasferimento è (attualmente e) complessivamente pari o superiore a 3.000 euro.
L’art. 18 c. 1 lett. a) del D.L. n. 124/2019, convertito con modifiche in L. n. 157/2019, ha stabilito ben due variazioni rispetto al limite massimo consentito per effettuare pagamenti in contanti, e cioè:
- 1.999,99 euro a partire dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021;
- 999,99 euro a partire dal 1° gennaio 2022.
Si ricorda che la violazione si realizza quando il trasferimento intercorre fra soggetti diversi, costituenti distinti centri di interesse (come per esempio tra il socio e la società di cui fa parte, tra il titolare dell’impresa familiare e il collaboratore, tra due società anche se l’amministratore è lo stesso).
Ancora, la limitazione all’uso del contante sussiste, per esempio, per la distribuzione dell’utile al collaboratore familiare oppure all’atto del pagamento da parte della società di utili/dividendi ai soci.
Questo perché il divieto prescinde dalla causale del pagamento e quindi la violazione è compiuta anche se la transazione è avvenuta nella sfera privata delle persone (pensiamo a una regalia).
Nel caso di più trasferimenti singolarmente di importo inferiore alla soglia di legge, ma complessivamente di ammontare superiore, non rientrano nel divieto:
- quelli relativi a distinte ed autonome operazioni (fatture verso lo stesso fornitore o dallo stesso cliente per fatture “indipendenti tra loro” non legate da un unico ordine);
- quelli riguardanti la medesima operazione quando il frazionamento è connaturato all’operazione stessa (ad. es. contratto di somministrazione);
- i pagamenti rateali stabiliti per iscritto oppure determinati in modo ordinato e annotati in fattura.
In relazione a quanto sopra esposto ma soprattutto in relazione al punto 1, è bene però ricordare che rientra nel potere discrezionale dell’Amministrazione valutare, caso per caso, se il frazionamento sia stato realizzato con lo specifico scopo di eludere il divieto imposto dalla disposizione dell’art. 49 del D.Lgs. n. 231/2007. Ciò in quanto le Autorità competenti potranno considerare “frazionata” un’operazione per la quale ricorrano elementi per ritenerla tale.
Inoltre, si ricorda che è sempre consentito che il pagamento di una somma superiore al limite di legge avvenga in parte in modo tracciato (assegno, bonifico, carte di debito o di credito) e in parte in contanti, purché quest’ultimo sia inferiore ai limiti di legge vigenti tempo per tempo.
Quindi, per esempio, in presenza di una fattura commerciale oppure di un semplice acquisto a fini privati (per arredamento di casa – per un auto e qualunque altro oggetto o prestazione di servizi) di 5.000 euro, il pagamento sarà regolare se la parte contanti sarà di 2.500 euro e i restanti 2.500 euro saranno regolati con assegno – bonifico – carte di credito/debito.
È ovvio che questa possibilità, per la parte contanti, deve tenere conto del limite massimo vigente tempo per tempo (attualmente 2.999,99 euro – dal 1° luglio di quest’anno 1.999,99 euro).
Restano fermi tutti gli altri limiti contenuti nel predetto art. 49 ed in particolare quello di 1.000 euro, a partire dal quale gli assegni bancari e postali devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo