Il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio), per favorire l’emersione dei rapporti di lavoro irregolare e garantire in questo modo livelli adeguati di tutela lavorativa, introduce la possibilità per i datori di lavoro di regolarizzare, senza l’applicazione di sanzioni, eventuali rapporti di lavoro “in nero”.
Più precisamente, prevede la possibilità per il datore di lavoro italiano o straniero di sottoscrivere un nuovo rapporto di lavoro subordinato o di dichiararne uno irregolarmente instaurato con cittadini italiani o stranieri presenti sul territorio nazionale prima dell’8 marzo 2020, e, per gli stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, di chiedere un permesso di soggiorno temporaneo.
Successivamente, il Decreto Legge del 16 giugno 2020, n. 52, ha concesso un mese in più di tempo ai datori di lavoro per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri non regolari presenti sul territorio nazionale oppure per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso con cittadini italiani o stranieri. Le domande di emersione dei rapporti di lavoro e di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo previste dal decreto Rilancio per braccianti, colf e badanti possono quindi essere presentate entro il 15 agosto 2020.
I settori interessati sono esclusivamente quelli elencati dalla norma:
- agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;
- assistenza alla persona per sé stessi o per componenti della propria famiglia, anche non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;
- lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Al momento di presentazione della domanda, deve essere indicata la durata del contratto di lavoro e la retribuzione, che non può essere inferiore alla retribuzione minima prevista dal contratto collettivo di lavoro di riferimento stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali più rappresentative sul piano nazionale.
L’Inps è intervenuta per specificare e chiarire le disposizioni del Decreto con il Messaggio 4 giugno 2020, n. 2327, integrando le disposizioni già a suo tempo fornite con la Circolare del 31 maggio 2020, n. 68 riguardo alla presentazione della domanda per l’emersione di un rapporto di lavoro subordinato irregolare con cittadini italiani o comunitari.
Il Messaggio chiarisce i limiti reddituali del datore di lavoro, in caso di istanza di emersione di un lavoratore addetto al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all’assistenza alla persona, che si intendono riferiti al nucleo familiare della persona che presenta l’istanza.
Sono, inoltre, specificate le istruzioni per la compilazione del modello F24 relativo al versamento dei contributi forfettari previsti dall’articolo 103 del decreto Rilancio. Il datore di lavoro, infatti, nella domanda deve dichiarare di aver provveduto al pagamento del contributo forfettario di 500 euro e indicare la data del pagamento.
Si ricorda che la domanda può essere presentata esclusivamente in modalità telematica.
Per quanto riguarda la procedura di presentazione delle domande, i datori di lavoro operanti nei settori indicati che presentano istanza in favore di cittadini extracomunitari, devono rivolgersi allo Sportello unico per l’immigrazione istituito presso le Prefetture.
In questo caso i datori di lavoro devono essere cittadini italiani, cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea o stranieri titolari di permesso di soggiorno UE. Inoltre, devono possedere, per i settori produttivi agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse, un reddito imponibile minimo non inferiore a 30.000 euro. Per i settori del lavoro domestico o di assistenza alla persona, il reddito deve essere non inferiore a 20.000 euro, in caso di nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, e non inferiore a 27.000 euro per i nuclei familiari composti da più soggetti conviventi.
La verifica dei requisiti reddituali non si applica al datore di lavoro domestico affetto da patologie o disabilità che ne limitano l’autosufficienza, il quale effettua la dichiarazione di emersione per un unico lavoratore addetto alla sua assistenza.
La sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare già in corso con cittadini italiani o comunitari, si può invece dichiarare con istanza telematica all’Inps.
A disciplina di quest’ultimo procedimento, l’Istituto ha fornito le prime istruzioni operative con la già citata Circolare 68/2020 e, dopo averne elencato i contenuti, specifica che la domanda può essere presentata esclusivamente in modalità telematica.
Per quanto riguarda le attività di assistenza alla persona o di sostegno al bisogno familiare, l’Inps evidenzia la possibilità di equiparare alle famiglie anche alcune particolari persone giuridiche, ovvero:
- le convivenze di comunità religiose;
- le convivenze militari che hanno lavoratori addetti al servizio diretto e personale dei conviventi;
- le comunità senza fini di lucro (orfanotrofi e ricoveri per anziani con fine prevalentemente assistenziale).
Tra queste comunità rientrano anche le case-famiglia per soggetti portatori di disabilità, quelle per il recupero dei tossicodipendenti, per l’assistenza gratuita a fanciulli, anziani e ragazze madri, le comunità focolari, le convivenze di sacerdoti anziani cessati dal ministero parrocchiale o dal servizio diocesano.
Gli stranieri irregolari con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, e che prima di tale data hanno lavorato nei settori indicati, possono chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo presso le Questure, valido solo nel territorio nazionale, della durata di sei mesi decorrenti dalla data di presentazione dell’istanza.
Per presentare istanza occorre:
- essere in possesso di un passaporto o di altro documento equipollente ovvero di un’attestazione di identità rilasciata dalla Rappresentanza diplomatica del proprio Paese di origine;
- essere presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020;
- comprovare di aver svolto attività di lavoro nei settori indicati con documentazione da esibire all’atto della presentazione dell’istanza.
La norma si riferisce esclusivamente ai lavoratori con un rapporto di lavoro già in essere e/o il cui datore di lavoro sia “disponibile” all’assunzione o alla sua conferma.
I cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 ovvero aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della Legge del 28 maggio 2007, n. 68, e che, in entrambi i casi, non abbiano lasciato il territorio nazionale dall’8 marzo 2020.
Si ricorda infine che il compimento di reati, accertati con sentenza di condanna o di patteggiamento (anche non definitiva), legati all’immigrazione, allo sfruttamento della prostituzione anche minorile e all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro irregolare da parte del datore di lavoro esclude la possibilità di ottenere la regolarizzazione del rapporto di lavoro.
Medesima condizione di non ammissione alla procedura risulta valida in presenza di precedenti penali in capo al lavoratore.
Francesco Geria – LaborTre Studio Associato