Quali sono i termini di prescrizione dei crediti professionali? Fino a quando è possibile recuperare i crediti? Che differenza c’è tra prescrizioni di carattere estintivo e prescrizioni di carattere presuntivo? Ecco le risposte.
L’art. 2946 c.c. dispone, in tema di prescrizione ordinaria, quanto segue: “salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni […]”.
In particolare, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.).
Le eccezioni a cui l’art. 2946 c.c. fa riferimento sono tassativamente previste dal Codice Civile. In particolare, per i diritti reali è previsto un termine di prescrizione ventennale. Diversamente, gli articoli dal 2947 al 2953 c.c. prevedono dei termini di prescrizione breve:
- il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni (art. 2947 co. 1);
- il diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie si prescrive in due anni (art. 2947 co. 2);
- le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro si prescrivono in cinque anni (art. 2948 co. 5);
- i diritti che derivano dai rapporti sociali, se la società è iscritta nel registro delle imprese, si prescrivono in cinque anni (art. 2949 co. 1);
- l’azione di responsabilità che spetta ai creditori sociali verso gli amministratori si prescrive anch’essa in cinque anni (art. 2949 co. 2);
- gli articoli 2950-2951 c.c. prevedono un termine di prescrizione annuale per determinati rapporti commerciali quali la mediazione, la spedizione ed il trasporto.
Le menzionate prescrizioni hanno tutte carattere estintivo, ossia prevedono che i diritti menzionati si estinguano qualora il titolare degli stessi non li eserciti entro un determinato periodo di tempo previsto per legge.
Diverso è il caso della prescrizione disciplinata dall’art. 2956, che ha carattere presuntivo. In particolare il menzionato articolo prevede che si prescrivano in tre anni i diritti:
1) dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese;
2) dei professionisti, per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative;
3) dei notai, per gli atti del loro ministero;
4) degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese.
Il fondamento della prescrizione presuntiva risiede nel fatto che il legislatore ha previsto che, decorso un breve arco temporale, si presume che il debitore abbia adempiuto alla propria obbligazione. Tuttavia, se così non dovesse essere, l’onere della prova spetta al creditore.
Con particolare riguardo al punto 2 dell’art. 2956, occorre precisare che, secondo quanto disposto dalla Cassazione (Cass. civ. n. 3886/1985), “nella categoria dei professionisti […] sono compresi soltanto coloro che esercitano una professione intellettuale di antica o di recente tradizione, nei cui confronti è ravvisabile il presupposto della prassi del pagamento senza dilazione per l’agevole determinabilità del credito ai sensi dell’art. 2233 c.c., sicché detta prescrizione non è applicabile al credito per il compenso nascente da un mero contratto d’opera”.
L’art. 2229 c.c. dispone che “la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”.
Non tutte le prestazioni sono però assoggettabili alla disciplina della prescrizione presuntiva. In particolare la Cassazione (Cass. 763/2017) ha disposto che “le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato in forma scritta”.
Martina Bianchet – Centro Studi CGN