Ammesso al beneficio fiscale anche il ricercatore straniero

Con la Risposta n. 307 all’istanza di interpello presentata da un cittadino straniero ricercatore, l’Agenzia delle entrate ha fatto chiarezza sulla possibilità di beneficiare degli incentivi fiscali, già noti per arginare il fenomeno della “Fuga dei cervelli”, anche ai ricercatori stranieri.

Si tratta di una serie di misure volte ad attirare le risorse umane “qualificate” nel nostro territorio, che in virtù delle loro particolari conoscenze scientifiche contribuiscono a favorire lo sviluppo della ricerca in Italia.

Nello specifico i punti cardine dell’agevolazione sono messi in luce dall’articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La norma trae ispirazione da analoghe agevolazioni sperimentate, con successo, in altri Paesi Europei, quali Belgio, Francia, Irlanda, Portogallo, Regno Unito e Spagna.

Chiariamo quali vantaggi riserva il fisco a queste particolari categorie di soggetti.

In cosa consiste il beneficio fiscale?

Il citato articolo 44 dispone che: “Ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori…

La novità è che tale norma di favore trova applicazione anche per docenti e ricercatori stranieri che, a decorrere dal periodo d’imposta 2020, risiedono in Italia e conservano tale residenza per almeno cinque periodi successivi.

Quali sono i presupposti e le condizioni essenziali per usufruire dell’incentivo fiscale?

Il requisito fondante è il trasferimento della residenza fiscale in Italia.

Il Codice civile definisce la “residenza” come il luogo di dimora abituale e il “domicilio” come la sede principale dei propri affari e interessi. È bene sapere che sono condizioni alternative. Infatti, ai fini fiscali, un soggetto che ha il proprio domicilio in Italia è qualificato come “residente”.

Ma dal punto di vista temporale, per poter essere riconosciuto come “residente”, qual è il periodo minimo di permanenza in Italia?

L’articolo 2 del Tuir, al comma 2, considera residenti in Italia le persone fisiche che sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente per un periodo almeno pari a 183 giorni (184 gg se bisestile).

Le ulteriori condizioni che permettono di accedere al beneficio, le ritroviamo nella Circolare n. 17/E del 23 maggio 2017:

a) essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato

Per tale requisito è necessario che il soggetto in questione richieda la “Dichiarazione di valore” all’autorità consolare competente, ossia un documento attestante il valore del Titolo di studio, che in questa circostanza deve essere di livello universitario;

b) essere stati non occasionalmente residenti all’estero

Con l’indicazione “non occasionale” la norma non definisce volutamente per quanto tempo il soggetto interessato debba risultare residente all’estero; tuttavia è il successivo requisito che implicitamente delinea un periodo minimo di due anni;

c) aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università

L’attività di ricerca si intende svolta presso un “organismo di ricerca”, mentre l’attività di docenza può essere individuata nell’attività di insegnamento svolta presso istituzioni universitarie, pubbliche e private. Risulta evidente che sia necessario essere in possesso di una certificazione che attesti tale attività e che riporti anche la natura dell’ente, l’attività svolta dal docente o dal ricercatore e la relativa durata.

d) svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia

L’indicazione puntuale su “dove” debba essere svolta l’attività di ricerca/docenza all’estero sottolinea e conferma indirettamente che, in merito all’attività svolta in Italia, il legislatore non ha voluto precisare quali requisiti debbano avere i datori di lavoro e i committenti dei docenti e ricercatori. Pertanto rientrerebbe un’impresa o un ente che, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca (Circolare 8 giugno 2004, n. 22).

È possibile la decadenza del beneficio?

La norma individua indirettamente e principalmente dei vincoli che legano il soggetto interessato al nostro territorio:

  • la permanenza in Italia

Il ricercatore straniero dall’anno di imposta 2020 può beneficiare dello sgravio fiscale a patto che mantenga la residenza in Italia;

  • la natura dell’attività lavorativa svolta in Italia

L’agevolazione è riferita esclusivamente ai redditi derivanti da rapporti aventi ad oggetto attività di docenza e ricerca svolte in Italia e non ad altri eventuali redditi che il lavoratore dipendente o l’esercente arti e professioni consegua in Italia.” (Circolare 17/E del 23/05/2017).

Per conoscere in linea generale quali sono le novità in merito ai regimi agevolativi previsti per il “Rientro dei Cervelli” consigliamo la lettura dell’interessante articolo: Rientro dei cervelli: novità sulle agevolazioni.

Elisabetta Marsano – Centro Studi CGN