Riforma della tassazione dei dividendi qualificati: l’assimilazione ai non qualificati fa perdere il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero

Quali sono le regole per la tassazione dei dividendi di provenienza estera derivanti da partecipazioni? Quali sono le differenze nel trattamento tra dividendi percepiti tramite un intermediario residente e dividendi percepiti senza l’intervento di un intermediario residente? Facciamo chiarezza, anche attraverso un esempio pratico.

A seguito delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2018 (Legge 205/2017) all’art. 27 del DPR 600/1973, dal 01/01/2018, ai dividendi derivanti da partecipazioni, sia qualificate che non qualificate, percepiti da persone fisiche non in regime d’impresa, viene applicata la ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26%.

Tale regime di tassazione si applica ai redditi di capitale, percepiti dal 01/01/2018, erogati sia da società residenti che non residenti in Paesi a regime fiscale non privilegiato.

Agli utili prodotti fino al 31/12/2017 si applica, invece, il regime transitorio disposto dal comma 1006 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2018, secondo cui alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate formatesi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e deliberati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti previste dal DM del 26.5.2017 (ovvero la partecipazione al reddito complessivo nella misura del 40%, 49,72%, 58,14% a seconda del periodo di formazione).

Se da un lato la modifica ha equiparato il livello impositivo degli utili qualificati a quelli non qualificati, per i dividendi di provenienza estera (no black list) occorre, tuttavia, sottolineare come sia prevista una disparità di trattamento a seconda della modalità di riscossione del dividendo, in particolare per:

Dividendi percepiti tramite un intermediario residente (soggetti indicati nell’art. 73, lett. a) e b), del TUIR)

L’intermediario residente che interviene nella riscossione in qualità di sostituto d’imposta è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo d’imposta del 26%.

Tale ritenuta è operata sul “netto frontiera”, ovvero sul reddito “al netto delle ritenute operate dallo Stato estero” (art. 27 c. 4-bis del DPR 600/1973 e Circolare 26/E del 2004).

Il dividendo, assoggettato a ritenuta a titolo d’imposta, non dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi del soggetto percettore.

È, di conseguenza, precluso il diritto al credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, credito che, ai sensi dell’art. 165 del TUIR, spetta solo se i redditi prodotti all’estero concorrono alla formazione del reddito complessivo del percipiente.

Dividendi percepiti senza l’intervento di un intermediario residente

Tali redditi, non essendo assoggettati a ritenuta da parte dell’intermediario, dovranno essere indicati nella dichiarazione dei redditi del soggetto percipiente (quadro RM) per l’autoliquidazione dell’imposta sostitutiva del 26%.

Nel caso in cui il dividendo distribuito dalla società non dovesse transitare per il tramite di un intermediario residente in Italia:

  • l’imposta sostitutiva del 26% deve essere applicata sull’“ammontare del reddito, al lordo di eventuali ritenute subìte nello stato estero in cui il reddito è stato prodotto” (si veda anche Istruzioni del modello Redditi PF2020 al Rigo RM 12). Non sarà, dunque, possibile calcolare l’imposta sul “netto frontiera” con un conseguente maggior carico fiscale per il contribuente nel caso in cui nel Paese estero venga già applicata una ritenuta alla fonte (solitamente non superiore al 15%, prevista dalla maggioranza dei trattati contro le doppie imposizioni);
  • è espressamente esclusa la facoltà, prevista dall’art. 18 del TUIR, di assoggettare tali redditi a tassazione ordinaria trattandosi di utili ai sensi all’articolo 27, c.4 D.P.R. 600/1973;
  • risulta precluso il diritto al credito d’imposta sulle imposte pagate all’estero in via definitiva, credito che, ai sensi dell’art. 165 del TUIR, spetta solo se i redditi prodotti all’estero concorrono alla formazione del reddito complessivo del percipiente.

Tale trattamento, confermato sia dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 80 del 2007 che dalla recente risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interpello n. 111 del 2020, presenta, dunque, una difformità di trattamento a seconda della modalità con cui avviene la materiale riscossione del dividendo, con amara sorpresa del contribuente che, di fatto, si troverà a subire un carico impositivo più oneroso.

Tale comportamento “iniquo”, da più parti criticato per possibili profili di illegittimità costituzionale, è tuttavia ad oggi l’orientamento assunto dall’Amministrazione finanziaria.

Di qui il ricorso da parte dei percipienti all’intervento di intermediari residenti nella riscossione dei dividendi anche in relazione a partecipazioni non affidate attualmente ad intermediari, al fine di poter subire la tassazione sul più vantaggioso “netto frontiera”.

Esempio pratico

Vediamo di seguito un esempio di tassazione in Italia di un dividendo di fonte estera, relativo ad una partecipazione non qualificata, riscosso da una persona fisica senza l’intervento di un intermediario residente (si ricorda che tale trattamento, in base a quanto già detto, è previsto anche in caso di partecipazioni qualificate).

Il Sig. Mario Rossi, privato residente in Italia, percepisce nel corso del 2019 un dividendo relativo a una partecipazione non qualificata, maturato nel 2019 di euro 1.000, erogato da una società svizzera.

Su tale dividendo, sono state applicate in Svizzera ritenute per euro 150,00.

Il “netto frontiera” è pari a 1.000 – 150,00 = 850,00.

L’utile è percepito direttamente dal Sig. Mario Rossi, senza l’intervento di un intermediario residente.

Il Sig. Rossi dovrà indicare nel modello Redditi 2020, nel rigo RM12, il dividendo incassato nel 2019, riportando:

Riforma della tassazione dei dividendi qualificati: l’assimilazione ai non qualificati fa perdere il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero

  • colonna 1, il tipo di reddito di capitale di fonte estera, nel caso indicato lettera H, relativa a “utili di fonte estera derivanti da partecipazioni di cui alla lettera c e c-bis) dell’art. 67 del Tuir assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento”;
  • colonna 2, il codice dello Stato estero in cui il reddito è stato prodotto (Tabella “Elenco dei paesi e dei territori esteri” in appendice al Fascicolo 1);
  • colonna 3, l’ammontare del reddito, al lordo delle eventuali ritenute subite nello stato estero in cui il reddito è stato prodotto, ovvero nell’esempio 1.000 euro;
  • colonna 4, l’aliquota applicabile del 26%;
  • colonna 6, l’imposta dovuta, da versare con il codice tributo 1242, entro il termine ordinario di versamento delle imposte sui redditi.

Non è possibile selezionare nel caso in esame la colonna 7 “Opzione per la tassazione ordinaria” in quanto per i redditi di fonte estera non è possibile optare per la tassazione ordinaria.

La tassazione complessiva subita è pari dunque al 41% (26% + 15%).

Allo stesso tempo, non sarà possibile per il contribuente richiedere il credito d’imposta sulle imposte pagate all’estero poiché tale possibilità è concessa solo nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra alla formazione del reddito complessivo del percipiente.

Silena Stival – Centro Studi CGN