Riapertura dei termini per rivalutare i beni di impresa

Il Decreto Agosto ha riaperto i termini per rivalutare i beni di impresa nonché le partecipazioni per i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali (imprese individuali, società di persone e società di capitali). La nuova edizione dell’istituto troverà applicazione nel bilancio al 31/12/2020. Vediamo quali sono i risvolti concreti e operativi.

Rispetto alla formulazione precedente di cui alla legge di bilancio per il 2020 (art. 1, co. da 696 a 704, L. n.160/2019) la nuova edizione dell’istituto si distingue per la possibilità di:

  • effettuare la rivalutazione con finalità esclusivamente civilistiche, in forma gratuita, costituendo una correlata riserva che incrementa il patrimonio netto;
  • attribuire rilevanza ai fini fiscali mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva del 3% dei maggiori valori iscritti da versare in un massimo di tre rate annuali che consente la deducibilità dei maggiori futuri ammortamenti stanziati;
  • rivalutare distintamente ciascun bene senza obbligatoriamente procedere per categorie omogenee di beni.

Da un punto di vista oggettivo, possono essere rivalutati i beni materiali e immateriali (restano esclusi i costi pluriennali) che costituiscono immobilizzazioni, nonché le partecipazioni durevoli in società controllate e collegate.

La rivalutazione avente efficacia fiscale determina i seguenti effetti:

  • per la deducibilità degli ammortamenti e del plafond per il calcolo delle manutenzioni deducibili, la rivalutazione ha effetto dall’esercizio successivo a quello di effettuazione (quindi dal 2021 per i soggetti solari);
  • per i soggetti con esercizio “solare”, la rivalutazione ai fini della determinazione delle plus/minusvalenze a seguito di cessioni a titolo oneroso, assegnazioni ai soci e destinazioni a finalità estranee all’esercizio d’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore, sarà efficace dal 1° gennaio 2024. Se la cessione dovesse avvenire anteriormente al quarto esercizio successivo a quello nel quale la rivalutazione è stata eseguita occorre fare riferimento al costo ante rivalutazione.

Il maggior valore di rivalutazione dei beni con effetti anche ai fini fiscali comporta:

  • l’iscrizione a bilancio di un debito per imposta sostitutiva pari al 3% del maggior valore dei beni rivalutati;
  • la restante parte del 97% confluisce in una “riserva di rivalutazione” da considerarsi “in sospensione di imposta” da sottoporre a tassazione in caso di distribuzione.

È il caso di evidenziare le maggiori aliquote previste nelle vecchie rivalutazioni pari al 12% e 14%.

L’istituto della rivalutazione dei beni è stato ideato per andare incontro alle società che hanno la necessità di rafforzarsi da un punto di vista patrimoniale. Allo stesso tempo la rivalutazione dei beni si rivela interessante per le società con un’elevata liquidità che intendono procedere con la distribuzione di somme ai soci. A tal proposito è necessario considerare le norme in materia di affrancamento della riserva di rivalutazione per i suoi effetti in termini di risparmio fiscale.

In assenza di affrancamento, la distribuzione (totale o parziale) della “riserva di rivalutazione” è da considerarsi:

  • reddito imponibile Ires per le società di capitali in regime ordinario;
  • reddito imponibile Irpef per i soci di società di capitali in regime di trasparenza e società di persone/ditte individuali in contabilità ordinaria;
  • irrilevante ai fini della determinazione della base imponibile IRAP.

In caso di distribuzione dell’avanzo di rivalutazione, si evidenzia che:

  • viene riconosciuto un credito d’imposta ai fini IRPEF o IRES pari all’imposta sostitutiva pagata;
  • la distribuzione del dividendo delle società di capitali in regime ordinario è soggetto a una ritenuta d’imposta del 26%.

Mediante il versamento di un’imposta sostitutiva del 10%, è possibile avvalersi dell’istituto dell’affrancamento della riserva di rivalutazione con i seguenti effetti:

  • per le società di capitali “ordinarie”, la distribuzione non genera più alcun onere fiscale, mentre in capo ai soci è da considerarsi come un “dividendo ordinario” da assoggettare a ritenuta alla fonte del 26%;
  • per le società di capitali in regime di trasparenza e società di persone/imprese individuali in contabilità ordinaria, la riserva può essere distribuita senza alcun onere né per la società né per i soci.

L’imposta sulla rivalutazione del 3% nonché l’imposta per affrancamento della riserva del 10% potranno essere versate in tre rate annuali unitamente alle imposte dei redditi presentate per l’esercizio nel quale la rivalutazione è eseguita e i due successivi, vale a dire per gli anni 2020-2021-2022.

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN