Con i precedenti articoli “Impatriati: requisiti, misura e durata dell’agevolazione” e “Impatriati: ulteriore quinquennio agevolabile” abbiamo illustrato alcuni dei chiarimenti forniti dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 28 dicembre 2020 relativi al “regime speciale per lavoratori impatriati”. Con questo terzo articolo, approfondiamo le specifiche riguardanti il trasferimento della residenza e le modalità da utilizzare per richiedere l’applicazione della agevolazione.
Il “regime speciale per i lavoratori impatriati”, introdotto dall’articolo 16 del “Decreto Internazionalizzazione” (Decreto Legislativo 147 del 2015, prevede una tassazione agevolata (nella misura del 70% del reddito imponibile) sui redditi da lavoro dipendente e assimilati, da lavoro autonomo o di impresa prodotti in Italia dai contribuenti che vi trasferiscano la residenza fiscale e che si impegnino a risiedervi per almeno due periodi di imposta.
Trasferimento della residenza in una delle Regioni del centro e sud Italia
Il “Decreto Crescita” ha introdotto una maggiore percentuale di detassazione in caso di trasferimento della residenza da parte dell’”impatriato” nelle Regioni del Centro e Sud Italia:
- Abruzzo
- Molise
- Campania
- Puglia
- Basilicata
- Calabria
- Sardegna
- Sicilia.
Per i lavoratori che trasferiscono la propria residenza in una di queste Regioni, infatti, è prevista la tassazione del solo 10% del reddito da lavoro prodotto in Italia.
In base alla nozione civilistica di “residenza”, inoltre, nell’ipotesi in cui l’”impatriato” fissi la residenza in una delle suddette Regioni, egli avrà diritto alla detassazione dei redditi agevolabili nella misura del 90%, anche qualora svolga l’attività lavorativa in un Comune diverso da quello di residenza.
Mancata iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE)
Per accedere al regime speciale per i lavoratori “impatriati”, il contribuente deve rispettare due requisiti:
- residenza all’estero per i due periodi di imposta precedenti il rientro;
- impegno a permanere in Italia per almeno due anni.
Fino all’intervento del “Decreto Crescita”, quindi, i cittadini italiani che avessero stabilito la propria dimora abituale all’estero ma non avessero provveduto ad iscriversi all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), non potevano ritenersi fiscalmente residenti all’estero e, quindi, risultavano automaticamente esclusi all’agevolazione.
Nell’ottica di favorire l’adesione dei contribuenti al regime agevolato, il “Decreto Crescita” ha poi rimosso tale condizione: in caso di mancata iscrizione all’AIRE, è comunque possibile accedere al beneficio, a condizione che l’”impatriato” sia in grado di dimostrare di essere stato fiscalmente residente in un Paese estero, in base alla convenzione contro le doppie imposizioni, nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento. Tale previsione, inoltre, trova applicazione anche nelle ipotesi di “insufficiente” iscrizione all’AIRE (ovvero per meno di due periodi di imposta) e anche nei confronti del cittadino straniero che non si sia cancellato dall’anagrafe della popolazione residente in Italia (e che non avrebbe potuto iscriversi all’AIRE in quanto straniero), ma sia in grado di provare la residenza all’estero sulla base delle disposizioni contenute nelle convenzioni per evitare le doppie imposizioni nei periodi di imposta in cui era formalmente residente in Italia.
Modalità di fruizione dell’agevolazione
- Lavoratore Dipendente. Per beneficiare del regime agevolativo, il lavoratore deve presentare una richiesta scritta al datore di lavoro, il quale applica il beneficio a partire dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell’assunzione, mediante l’applicazione delle ritenute sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile. Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l’agevolazione, il contribuente potrà fruirne direttamente in dichiarazione dei redditi.
- Lavoratore Autonomo. I lavoratori autonomi possono accedere al regime fiscale agevolato direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o, in alternativa, fruirne in sede di applicazione della ritenuta d’acconto operata dal committente sui compensi percepiti. In questo caso, il professionista è tenuto a presentare a ciascun committente una richiesta scritta, in modo che il committente, all’atto del pagamento del corrispettivo, operi la ritenuta del 20% sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile.
Nelle ipotesi in cui l’”impatriato” non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta in cui è avvenuto il rimpatrio, né ne abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi i cui termini di presentazione risultano scaduti (il “termine di presentazione della dichiarazione dei redditi” è quello ordinario di presentazione del modello Redditi Persone Fisiche e non è prevista la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi “integrativa a favore”) l’accesso al regime agevolato è precluso.
Nel caso in cui in cui i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi risultassero scaduti, resterà comunque la possibilità per il contribuente di fruire del regime agevolato per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile, con detassazione del reddito nella misura in vigore nel periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.
Sara Leon – Centro Studi CGN