Con la risposta all’interpello n. 245 del 13 aprile 2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune indicazioni in merito all’invio telematico delle dichiarazioni e all’apposizione del visto di conformità per un’associazione di professionisti composta da avvocati e commercialisti, che si avvale di una società di servizi, per la trasmissione telematica delle dichiarazioni. Facciamo una sintesi dei chiarimenti forniti.
Partiamo dalla premessa. I soggetti incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 3, c. 3, del D.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, possono rilasciare, su richiesta del contribuente, il visto di conformità dei dati delle dichiarazioni da essi predisposte o predisposte dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti possiede la maggioranza del capitale sociale, sotto il diretto controllo e la responsabilità del professionista.
Il decreto 31 maggio 199 n. 164, all’articolo 23, dispone che i professionisti possono rilasciare il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni fiscali e tenuto le relative scritture contabili. Queste, si intendono predisposte e tenute dal professionista anche quando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista.
Per poter avvalersi di questa facoltà, i professionisti devono preventivamente inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate, con allegata una copia della polizza assicurativa stipulata ad hoc. Dopo la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti, l’Agenzia iscrive il professionista nell’elenco informatizzato dei professionisti abilitati al rilascio del visto di conformità.
Per poter apporre il visto di conformità sono considerati requisiti necessari (circolare n. 28/E del 25 settembre 2014): l’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali ed il possesso della partita IVA.
Se il professionista esercita la propria attività nell’ambito di un’associazione professionale, in cui almeno la metà degli associati sia costituita dai soggetti indicati dall’articolo 3, c. 3, lettere a) e b) del D.P.R. 322 del 22 luglio 1998, lo stesso professionista può essere abilitato qualora i requisiti del possesso di partita IVA e dell’abilitazione alla trasmissione telematica sussistano in capo all’associazione professionale di cui fa parte.
Ad essere abilitato al rilascio del visto di conformità è il singolo professionista! Ogni altro professionista che fa parte dell’associazione professionale che non sia personalmente abilitato non è autorizzato ad apporre il visto di conformità.
Se il professionista si avvale di una società di servizi di cui possiede la maggioranza assoluta del capitale sociale, può essere abilitato se il requisito del possesso dell’abilitazione alla trasmissione telematica sussiste in capo alla società di servizi, fermo restando che il professionista deve essere titolare di autonoma partita IVA.
Caso specifico oggetto dell’intervento dell’Agenzia: sulla base di quanto esposto nella richiesta di interpello, l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’associazione professionale che si compone di avvocati e commercialisti iscritti ai rispettivi albi professionali (con i primi in numero prevalente) e che per il servizio di trasmissione telematica si avvale di una società di servizi, il cui capitale è interamente posseduto dai propri associati iscritti nell’albo dei dottori commercialisti, sia legittimata a richiedere l’abilitazione all’invio telematico delle dichiarazioni.
Tuttavia, l’Agenzia precisa che, la medesima non può apporre il visto di conformità né trasmettere dichiarazioni con il visto di conformità, dal momento che manca il requisito del controllo da parte dei soggetti indicati all’articolo 3, comma 3, lettere a) e b) del D.P.R. n. 322/1998 (dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali e consulenti del lavoro, etc).
I commercialisti associati possono non richiedere una propria partita IVA e utilizzare quella dell’associazione per l’esercizio della professione ma, nelle attività connesse al visto di conformità non possono ricorrere ai servizi dell’associazione visto che non hanno il controllo della stessa. Al contrario, invece, non c’è alcun divieto sull’utilizzo della società di servizi le cui quote sono possedute dai commercialisti stessi.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN