In queste ultime settimane il forte impulso alla campagna vaccinale, la risposta positiva della popolazione e il calo dei contagi hanno portato un clima di generale speranza per un veloce ritorno “alla normalità”, tanto che le aziende iniziano a pensare ad un ritorno in presenza dei propri dipendenti attualmente in smartworking. Tale rientro dovrà essere necessariamente calmierato, ragionato e sottoposto ad approvazione del medico competente per evitare che l’“entusiasmo di socialità” possa provocare situazioni di rischio per la salute di tutti. Dal punto di vista privacy, esistono particolari accorgimenti che il datore deve seguire?
La risposta è affermativa, soprattutto alla luce delle FAQ del Garante della privacy dedicate al rapporto fra Covid-19 e contesto lavorativo al fine di indicare la strada per un corretto trattamento dei dati personali.
In particolare, la rigida interpretazione fornita dal Garante “complica” la vita al datore in quanto stabilisce esplicitamente che egli non può richiedere, né direttamente né indirettamente tramite il medico competente, se i propri dipendenti si sono sottoposti o hanno l’intenzione di sottoporsi al vaccino, neanche con il loro consenso, che quindi non può fungere da base giuridica di liceità del trattamento.
Il ragionamento del Garante, che può sembrare intransigente, fa leva sul considerando 43 del Reg. UE 679/16 (cd. GDPR), la cui prima parte recita “Per assicurare la libertà di espressione del consenso, è opportuno che il consenso non costituisca un valido presupposto per il trattamento dei dati personali in un caso specifico, qualora esista un evidente squilibrio tra l’interessato e il titolare del trattamento, specie quando il titolare del trattamento è un’autorità pubblica e ciò rende pertanto improbabile che il consenso sia stato espresso liberamente in tutte le circostanze di tale situazione specifica”.
Nei fatti, quindi, non è possibile chiedere direttamente o indirettamente se il lavoratore ha fatto il vaccino, né spingerlo in tale direzione. Per questi motivi, nello studiare il piano di rientro in azienda, il datore non potrà né ottenere, né tantomeno utilizzare il dato sanitario inerente il vaccino, ma dovrà improntarlo sulle logiche di prudenza e cautela a cui ormai siamo abituati e a cui proprio adesso non possiamo rinunciare per non pregiudicare la tanto attesa ripartenza.
Roberto De Bellis – Centro Studi CGN