Valore probatorio della fattura e prova della inerenza del costo

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 21732 del 29/07/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di valore probatorio della fattura e prova dell’inerenza del costo.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto l’appello proposto dalla società contribuente e dai soci, annullando l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto alla rettifica della dichiarazione relativa all’anno 2006 e recuperato a tassazione maggiori imposte a titolo di Irpef, Irap ed Iva, sull’assunto dell’indeducibilità, per difetto di inerenza, dei costi risultanti da una fattura emessa da altra ditta (quale onere per consulenza ricevuta), risultata priva dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’esercizio dell’attività economica.

Affermava in particolare la CTR che la produzione delle ricevute dei pagamenti periodici e le dichiarazioni degli ex dipendenti circa l’effettività dello svolgimento delle prestazioni offerte, consentivano di affermare che l’operazione si era effettivamente verificata, essendo stato peraltro puntualmente osservato il principio di inerenza ai fini della deducibilità.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, deducendo l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e lamentando che la CTR aveva erroneamente ritenuto provata l’effettività e l’inerenza della prestazione, non essendo però a tal fine sufficienti le quietanze sottoscritte dall’operatore interessato e le dichiarazioni dei dipendenti della società sullo svolgimento delle prestazioni.

Secondo la Suprema Corte la censura era infondata.

Evidenziano i giudici di legittimità che l’art. 21, secondo comma, lett. g), del Dpr. 633/72, prescrive che la fattura debba indicare, tra l’altro, la “natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione”.

Tale norma è in linea con le direttive comunitarie, che prescrivono l’indicazione della quantità e natura dei beni ceduti, o l’entità e la natura dei servizi resi, con la specificazione della data; ciò al fine di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione.

Ciò posto, e fermo restando che neanche la fattura regolarmente compilata rappresenta prova inconfutabile della sussistenza dell’operazione effettuata, ma solo elemento per consentire le verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria, la Corte rileva che la giurisprudenza comunitaria ha già affrontato la questione della portata dell’inosservanza degli obblighi formali, di solito concretantesi nell’incompleta, imprecisa o parzialmente erronea descrizione in fattura, affermando che, in base al diritto dei soggetti passivi di detrarre l’IVA e al principio di neutralità, che esige che la detraibilità a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti anche quando taluni obblighi formali siano stati omessi, l’inosservanza degli obblighi formali non comporta l’automatica indetraibilità dell’IVA.

E allora, afferma la Cassazione, l’Amministrazione finanziaria non può limitarsi all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, incombendo comunque su colui che chiede la detrazione l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne, fornendo elementi e prove, anche integrativi rispetto alle fatture, che l’Amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere o no la detrazione richiesta.

Tanto premesso, nella specie, il giudice di appello aveva correttamente evidenziato che le carenze documentali rilevate costituivano presunzioni che consentivano all’Ufficio di sostenere la indetraibilità del costo, spettando al contribuente l’onere di dimostrare la sua inerenza e competenza.

La stessa Commissione Tributaria Regionale, accertata la genericità delle fatture, aveva tuttavia poi evidenziato che i contribuenti avevano provato entità, natura ed epoca delle operazioni, laddove la produzione delle ricevute dei pagamenti periodici (intervenuti nel corso del 2006 e per l’importo complessivo della fattura) e la produzione delle numerose dichiarazioni degli ex dipendenti circa l’effettività dello svolgimento delle prestazioni consentivano di affermare che l’operazione oggetto di contestazione si era oggettivamente verificata e che la sua esecuzione fosse stata sufficientemente provata, nel rispetto anche dei principi di competenza ed inerenza.

Giovambattista Palumbo