Il 30 novembre 2021 è scaduto il termine per l’invio del modello Redditi e Irap per l’esercizio d’imposta 2020. Esaminiamo quali scenari si aprono nel caso in cui il professionista incaricato dimentichi di inviare la dichiarazione nei termini consentiti per quanto concerne le sanzioni, il ravvedimento operoso nonché l’applicabilità o meno del cumulo giuridico.
Per gli intermediari abilitati, le norme sanzionatorie principali sono contenute:
- nell’art. 7-bis del D.Lgs. 241/1997 che punisce con una sanzione da 516,00 a 5.164,00 euro l’omessa o tardiva trasmissione telematica delle dichiarazioni;
- nell’art. 7 co. 4-bis del D.Lgs. 472/1997 che dispone la riduzione alla metà in caso di presentazione entro i 30 giorni successivi alla scadenza (quindi da 258,00 a 2.582,00 euro).
Si tratta di una sanzione tributaria, autonoma e distinta, che colpisce gli intermediari a prescindere dalle sanzioni ulteriori per le violazioni tributarie in capo ai contribuenti per l’omessa/tardiva dichiarazione.
Si evidenziano i seguenti casi particolari:
- la dichiarazione consegnata all’intermediario oltre il termine per la presentazione in via telematica, qualora venga trasmessa entro 30 giorni dalla data contenuta nell’impegno di trasmissione (ex art. 3 co. 7-ter del DPR 322/98), non è oggetto di sanzione;
- per la dichiarazione integrativa trasmessa nei termini previsti dalla relativa normativa non è possibile comminare alcuna sanzione all’intermediario incaricato.
Le violazioni in commento possono essere sanate mediante ravvedimento operoso ex art. 13 del D.Lgs. 472/1997. Il ravvedimento per l’intermediario comporta per ciascuna trasmissione telematica tardiva il pagamento della sanzione, pari a 1/10 di 516,00 euro, ossia 51,00 euro (ovvero 25,00 euro in caso di trasmissione entro 30 giorni). Per il versamento della sanzione è stato istituito il codice tributo “8924”.
La questione che merita di essere approfondita riguarda il caso di tardiva trasmissione di più dichiarazioni tramite un unico invio, oppure attraverso invii plurimi. Si tratta di stabilire se si ritiene applicabile:
- il cumulo giuridico, come viene costantemente affermato da una consolidata dottrina e giurisprudenza;
- oppure il cumulo materiale, come invece viene affermato dall’Agenzia delle Entrate.
L’art. 12 del D.Lgs. 472/1997 (cumulo giuridico) stabilisce che è punito con la sanzione per la violazione più grave aumentata da un quarto al doppio chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni relative a tributi diversi o commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione.
Secondo i principi del concorso materiale (distinte violazioni commesse con diverse azioni), si configurano tante violazioni quante sono le dichiarazioni contenute nella “fornitura”.
Uno dei casi più recenti ha visto protagonista un professionista che si è visto recapitare una sanzione per un importo pari a 16.512,00 euro per avere tardivamente inviato, con plurimi file, trentadue dichiarazioni dei redditi relative agli anni 2003 e 2004 oltre novanta giorni dalla scadenza dei termini di presentazione. L’Ufficio ha ritenuto di dover applicare il cumulo materiale che comporta l’applicazione di una sanzione di 516,00 euro, che per le 32 dichiarazioni trasmesse oltre i termini dell’impegno porta proprio all’importo di 16.512,00 euro.
Anche in questo caso, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26911 del 5 ottobre 2021, conformemente alle precedenti pronunce (Cass., sez. 6-5, 18/06/2015, n. 12682; Cass., sez. 6-5, 5/06/2015, n. 11742; Cass., sez. 5, 26/10/2016, n. 21570; Cass., sez. 6-5, 21/02/2017, n. 4458; Cass., sez. 5, 24/03/2017, n. 7661; Cass., sez. 5, 28/01/2021, n. 1892) si è orientata in senso favorevole all’intermediario in forza del principio del favor rei, ritenendo applicabile il cumulo giuridico nella determinazione della sanzione irrogabile all’intermediario, anziché il cumulo materiale.
Si deve ritenere superato l’orientamento dell’unica decisione da parte della Suprema Corte in senso favorevole all’Agenzia delle Entrate rappresentata dalla sentenza n. 23123 del 2013.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN