La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 29182 del 20.10.2021, ha chiarito alcuni profili in tema di rilevanza accertativa del conto cassa.
Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello del contribuente e confermato la legittimità dell’atto impugnato.
Nel proporre ricorso per cassazione, il contribuente denunciava la violazione degli artt. 39, c. 2, lett. d) del Dpr. n. 600 del 1973 e dell’art. 55, c. 2, n. 3) del Dpr. n. 633 del 1973, nonché dell’art. 19 del Dpr. n. 600 del 1973, per avere il giudice di secondo grado ritenuto inattendibile la contabilità del contribuente, esercente l’attività professionale di notaio, in quanto il conto cassa da questi tenuto presentava un saldo superiore a mezzo milione di euro.
La Suprema Corte, nel ritenere fondata la censura, premette che, nel caso in esame, si trattava di un accertamento ex art. 39, c.2, Dpr. n. 600 del 1973, con accertamento pertanto di tipo induttivo “puro” e non analitico-induttivo.
Ciò premesso, i giudici di legittimità evidenziano che, ai fini della decisione, rilevava anche l’art. 2 del Dpr. n. 570 del 1996, rubricato “Inattendibilità della contabilità degli esercenti arti e professioni”, che prevede che la contabilità ordinaria degli esercenti arti e professioni è considerata inattendibile quando:
a) i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche, anche parziali, compresi quelli dei beni di cui alla successiva lettera b), abbiano uno scostamento, rispetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, …;
b) non risultano indicati in alcuna delle scritture contabili o, in mancanza dell’obbligo di indicazione nelle stesse, in altra documentazione attendibile, uno o più beni strumentali, diversi dagli immobili utilizzati nell’attività – anche se non posseduti a titolo di proprietà e anche se completamente ammortizzati – il cui valore complessivo sia superiore al 10 per cento di quello di tutti i beni strumentali utilizzati, esclusi i menzionati immobili…;
c) sono impiegati lavoratori dipendenti che non risultano iscritti nei libri da tenere ai fini della legislazione sul lavoro e per i quali è scaduto il primo termine utile per il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti, o altri addetti, diversi dai familiari di cui all’art. 5, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi che prestano attività occasionale, il cui rapporto non risulta dalle scritture contabili o da altra attendibile documentazione rinvenuta nel luogo in cui sono conservate le scritture contabili dell’artista o professionista.
In tali previsioni normative, rileva la Cassazione, non è dunque riportata la irregolare tenuta del conto cassa, che peraltro costituisce comunque registrazione contabile non obbligatoria, la cui tenuta è nondimeno ovviamente consentita al contribuente per esigenze di controllo e gestione interna, ma la cui risultanza va valutata comunque nel complesso delle risultanze contabili ed extracontabili in atti, senza che dal suo contenuto possa sic et simpliciter ritenersi privo di attendibilità l’intero impianto delle registrazioni contabili ex lege obbligatorie.
Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali relativamente alle possibili fattispecie accertative attinenti al conto cassa, giova anche evidenziare quanto segue.
In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, la sussistenza di un ingiustificato saldo negativo di cassa, oltre a costituire un’anomalia contabile, può comunque legittimamente far presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati, in misura almeno pari al disavanzo. E tale principio non incontra eccezioni nel caso di svolgimento delle attività in forma individuale, trovando fondamento nel principio ragionieristico per il quale la chiusura «in rosso» di un conto di cassa significa, senza possibilità di dubbio, che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati (cfr., Cass., Ordinanza n. 7538 del 26/03/2020).
La chiusura «in rosso» di un conto di cassa significa, infatti, che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, per cui non si può fare a meno di ravvisare l’esistenza di altri ricavi (cfr., anche Cassazione, Ord. n. 28715 del 09/11/2018).
Il “conto cassa”, del resto, rientra sicuramente tra le stesse scritture contabili, ancorché, come evidenzia anche la sentenza in commento, non obbligatorie, astrattamente idonee ad essere utilizzate dall’ufficio, ai fini dell’accertamento.
In presenza di un’anomalia di rilevante entità, secondo giurisprudenza della stessa Cassazione, può pertanto ritenersi che sussistano gli elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, che consentono all’Amministrazione finanziaria di ricorrere all’accertamento induttivo, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (cfr., Cass. Ord., n. 22698 del 11/09/2019).
Se il saldo di cassa è negativo e sono effettuati pagamenti, deve del resto chiaramente desumersene che o i pagamenti sono stati effettuati mediante redditi conseguiti ma non contabilizzati, oppure ci troviamo in presenza di un errore contabile.
Giovambattista Palumbo