La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 30114 del 26/10/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di contraddittorio in occasione di operazioni di verifica fiscale.
Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società, avverso la decisione della Commissione Tributaria Provinciale che aveva accolto il ricorso della contribuente contro avvisi di accertamento Ires ed Iva per gli anni dal 2008 al 2010.
Il Giudice di appello rilevava, per quanto qui di interesse, la mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti del soggetto legittimato (rappresentante legale), non sanato, in assenza del rinnovo delle previste formalità introduttive e della ratifica delle attività da parte del soggetto non legittimato, dal successivo intervento.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo la violazione del combinato disposto dell’art. 7 della legge 212/2000, dell’art. 42, secondo comma, del Dpr. 600/1973 e dell’art. 56, quinto comma, del Dpr. nr 633/1972.
Sosteneva infatti l’Amministrazione finanziaria, alla luce dell’intervenuta notifica degli avvisi di accertamento al legale rappresentante della società, che le attività compiute non avevano comunque rivestito alcuna rilevanza né formale né sostanziale ai fini della determinazione della pretesa, interamente fondata sul processo verbale infine notificato, evidenziando altresì che alle operazioni di verifica aveva comunque assistito l’amministratore giudiziario della società.
Si affermava, pertanto, che, in questo quadro fattuale, non poteva ritenersi violato il principio del contraddittorio, non essendo richiesta l’allegazione di un atto che neppure poteva ritenersi presupposto.
Secondo la Suprema Corte la censura era tuttavia inammissibile.
Evidenziano infatti i giudici di legittimità che il motivo di impugnazione non coglieva l’unica ratio decidendi.
L’inefficacia dell’avviso di accertamento non era stata ravvisata dalla Commissione Tributaria Regionale nel difetto di motivazione dell’atto impositivo per la mancata allegazione dell’atto presupposto al processo verbale, o per l’insufficiente riproduzione del contenuto essenziale.
I giudici di appello avevano infatti piuttosto ritenuto che il problema, nella specie, riguardava, a monte, la formazione del verbale, che il giudice assumeva avvenuta in violazione del contraddittorio.
E tale asserita violazione, che costituiva l’unica ratio della decisione, era stata appunto ravvisata nel fatto che l’accesso era stato eseguito in assenza del legale rappresentante della società, a cui, come visto, non era stata data comunicazione delle operazioni di verifica intraprese alla presenza dell’ex custode giudiziario della società.
Tale ratio, conclude la Corte, non risultava peraltro scalfita dal ricorso, che si soffermava unicamente sulla questione del rispetto del requisito motivazionale.
E per tale motivo il ricorso era dunque da considerarsi inammissibile.
Giovambattista Palumbo