La Corte di Cassazione, Sez. Penale, con la Sentenza n. 36195 del 23.11.2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di responsabilità dell’amministratore di diritto in caso di reati tributari.
Nel caso di specie, la Corte di appello di Milano aveva confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare, che aveva condannato l’amministratore di diritto di una società per i reati di cui agli art. 110, 81 cpv cod. pen. e 5 e 10 del D.lgs. n. 74 del 2000.
L’imputato presentava quindi ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, il vizio di motivazione in ordine all’elemento psicologico.
Sosteneva infatti di essere solo una “testa di legno”, che riceveva ordini dai veri amministratori, di fatto, della società, non essendovi alcun nesso tra la promessa della percezione di un corrispettivo in denaro, l’assunzione della carica societaria e la commissione dei reati di cui ai capi d’imputazione.
Secondo la Suprema Corte la censura era infondata.
Evidenziano i giudici di legittimità che l’amministratore di diritto risponde, al pari dell’amministratore di fatto, dei reati tributari, tra cui, come era anche nel caso in esame, quelli di cui agli art. 5 e 10 D.lgs. n. 74 del 2000 (cfr., Cass., Sez. 2, n. 8632/2021).
Più precisamente, rileva la Cassazione, la violazione dell’art. 5, consistente nell’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, era direttamente ascrivibile all’imputato, mentre la violazione dell’art. 10, consistente nell’occultamento o distruzione di documenti contabili, era ascrivibile all’imputato a titolo di concorso (con gli amministratori di fatto) per omesso impedimento dell’evento (cfr., tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 1722/2020).
La Corte territoriale aveva dunque correttamente applicato i principi di diritto già affermati dalla giurisprudenza di legittimità, osservando che l’imputato era ben consapevole degli obblighi che andava ad assumere (posto che aveva anche già un precedente specifico) e della posizione di garanzia conseguente, di cui si era del tutto disinteressato nell’ambito di un contesto di diffusa illegalità, come dimostrato dalla definizione di un collegato procedimento per bancarotta fraudolenta.
Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali e con particolare riferimento alle rispettive responsabilità dell’amministratore di fatto e di diritto, non solo penali ma anche di tipo sanzionatorio amministrativo, giova evidenziare quanto segue.
Quanto alle responsabilità penali dell’amministratore di diritto, come confermato anche dalla pronuncia in commento, il D.lgs. n. 74/2000, art. 5, punisce la mancata presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti a questa tenuti, trattandosi di reato omissivo proprio, ed essendo soggetti attivi del reato coloro che sono obbligati alla presentazione delle dichiarazioni annuali.
Trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale e non delegabile il relativo dovere, essendo quindi escluso che l’eventuale delega possa modificare il destinatario dell’obbligo.
E neppure l’affidamento ad un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi esonera quindi il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione (cfr., Cass., Sez. Penale, Sentenza n. 9417 del 10.03.2020).
La prova del dolo specifico di evasione non deriva però dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo, né da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista, che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali, dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (cfr., Cass., n. 37856 del 18/06/2015).
Anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo, possiamo poi evidenziare quanto segue.
Anche in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, come noto, occorre che l’azione od omissione causativa della violazione sia volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà, e colpevole, ossia compiuta con dolo o negligenza, e la prova dell’assenza di colpa grava sul contribuente.
Anche sotto il profilo amministrativo, pertanto, il rappresentante legale, in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, attribuibile ad esempio al professionista “infedele”, deve fornire la prova, non solo dell’attività di vigilanza e controllo in concreto esercitata sull’operato di questi, facendosi anche consegnare le ricevute telematiche dell’avvenuta presentazione della dichiarazione, ma anche del comportamento fraudolento del professionista, ad esempio, mediante falsificazione di modelli F24 di pagamento delle imposte, o delle ricevute di ricezione delle dichiarazioni telematiche, o attraverso altre modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante (cfr., Cass., 11 aprile 2018, n. 8914; Cass., 17 marzo 2017, n. 6930).
Per quanto riguarda infine l’individuazione dell’amministratore di fatto, è necessario provare l’esercizio, da parte di questi, in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, ancorché non di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, o quantomeno l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale (cfr., Corte di Cassazione n. 27557 del 05.10.2020).
L’amministratore di fatto, a determinate condizioni, risponde quindi, in solido con la società, anche delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni tributarie accertate a carico della stessa società.
Le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario sono infatti, in generale, esclusivamente a carico della persona giuridica, anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, ma tale principio non può però ritenersi operante anche nell’ipotesi di società artificiosamente costituita, dovendo comunque sussistere una differenza tra trasgressore e contribuente, non presente nel caso in cui la persona fisica sia l’esclusivo beneficiario delle violazioni contestate (cfr., Cass., Ord., n. 1904 del 28/01/2020).
Il principio secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, ex art. 7 del Dl. n. 269 del 2003 (conv. con modif. in L. n. 326 del 2003) sono esclusivamente a carico della persona giuridica, anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non può dunque ritenersi operante nell’ipotesi di società artificiosamente costituita.
Giovambattista Palumbo