La Legge di Stabilità 2016 ha fatto in modo che l’Italia fosse il primo Stato al mondo ad aver introdotto la forma giuridica delle “società Benefit”. Si tratta di una importante evoluzione del concetto stesso di azienda, in quanto tra le sue finalità statutarie non troviamo solamente il perseguimento degli utili, ma anche finalità di beneficio comune che, a loro volta, originino ricadute positive sull’ambiente, sul territorio e sulla relativa comunità, in un’ottica di creazione di valore condiviso. Il combinato disposto di queste due finalità rappresenta la Mission della società Benefit.
In altri termini, con il passaggio alla forma giuridica “società Benefit”, intervengono due importanti cambiamenti nella vita della società: il primo consiste nella previsione statutaria di sostenibilità sociale e ambientale, mentre il secondo attiene agli obblighi formali che la società assume, con la presentazione della relazione annuale sugli obiettivi di bene comune che deve obbligatoriamente indicare una valutazione d’impatto.
Tale relazione, pubblicata sul sito internet della società e allegata al bilancio societario, deve:
- contenere una descrizione degli obbiettivi specifici prefissati;
- evidenziare le modalità e le azioni attuate dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato.
La società Benefit rappresenta inoltre uno strumento giuridico finalizzato a consolidare nel lungo termine la Mission dell’azienda, in modo tale che la stessa venga preservata nei casi di:
- aumento di capitale;
- cambi di leadership;
- passaggi generazionali;
- quotazioni in borsa.
Le società Benefit devono perseguire tale finalità di beneficio comune in modo responsabile, sostenibile e trasparente e la loro gestione manageriale richiede un necessario bilanciamento tra l’interesse dei soci e l’interesse della collettività.
Il compito di vigilare sulle società benefit, e in particolare nei confronti di quelle che, senza giustificato motivo e in modo reiterato, non perseguano le finalità di beneficio comune, è attribuito all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Il settore delle “società Benefit” ha conosciuto negli ultimi anni, e soprattutto nel contesto della crisi pandemica, una crescita esponenziale che sta permeando sempre più il nostro tessuto economico-produttivo e, per tale ragione, il Governo, con il c.d. Decreto Rilancio (D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, art.38) ha creato un credito d’imposta nella misura del 50% fino all’importo massimo di 10.000 euro per ciascun beneficiario.
Il decreto interministeriale del 12 novembre 2021, adottato dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha fornito gli opportuni chiarimenti per poter usufruire di tale credito d’imposta: ai sensi dell’art.5 del decreto, possono beneficiarne le imprese, di qualunque dimensione, che alla data di presentazione dell’istanza:
- siano costituite, regolarmente iscritte e “attive” al registro imprese;
- abbiano sostenuto spese per la costituzione o la trasformazione in società Benefit a decorrere dal 19 luglio 2020 (data di entrata in vigore del Decreto Rilancio) fino al 31 dicembre 2021;
- dispongano di una sede principale o secondaria e svolgano una attività economica in Italia;
- si trovino nel pieno e libero esercizio dei propri diritti e non si trovino, né in liquidazione volontaria né sottoposte a procedure concorsuali;
- non rientrino tra le imprese escluse da sussidi, agevolazioni o finanziamenti a causa di illeciti amministrativi commessi.
L’agevolazione, sotto forma di credito d’imposta, viene concessa nella misura massima del 50% delle spese sostenute e ammissibili ai sensi del successivo art.7 e non può eccedere i 10.000,00 euro.
Le spese ammissibili devono rientrare sinteticamente in una di queste due macro-aree:
- spese notarili e di iscrizione nel registro delle imprese;
- spese inerenti all’assistenza professionale e alla consulenza sostenute e direttamente destinate alla costituzione o alla trasformazione in società Benefit.
Si precisa che non sono ammesse all’agevolazione le spese relative a imposte e tasse, mentre per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto è ammessa solamente se per il beneficiario rappresenta un costo effettivo non recuperabile.
Modalità di accesso all’agevolazione
Per poter usufruire dell’agevolazione, i soggetti in possesso dei requisiti richiesti devono presentare al Ministero dello Sviluppo Economico apposita istanza, esclusivamente per via telematica, avvalendosi della procedura informatica alla quale è possibile accedere attraverso il sito del Ministero. Va precisato che ciascun soggetto beneficiario può presentare una sola istanza di accesso.
Nell’istanza, i soggetti richiedenti sono tenuti a dichiarare il possesso dei requisiti e riportare l’elenco complessivo delle spese sostenute di cui all’art.7 del decreto in trattazione. La presentazione dell’istanza deve avvenire da parte del rappresentante legale del soggetto proponente, così come risulta dal certificato camerale, oppure da altro soggetto delegato titolare di un potere di rappresentanza per la compilazione.
Ai sensi dell’art. 9 del decreto, il Ministero dello Sviluppo Economico dovrà verificare:
- i requisiti di ammissibilità del soggetto richiedente;
- la completezza dell’istanza;
- i massimali previsti dal Regolamento de minimis.
Per le istanze, le cui verifiche si concluderanno positivamente, il Ministero determinerà l’agevolazione concedibile entro la misura massima dei 10.000 euro.
Utilizzazione del credito d’imposta
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’art. 17 del Decreto Legislativo del 9 luglio 1997, n. 241 e successive modificazioni, per l’anno 2021.
Il decreto precisa che ai fini della fruizione del credito d’imposta, il relativo Modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i canali telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto del meccanismo di compensazione.
Il credito d’imposta oggetto di analisi è cumulabile con altre misure di aiuto in esenzione da notifica, aventi ad oggetto le stesse spese ammissibili, nei limiti della disciplina sugli aiuti di stato dettata dall’Unione Europea.
Revoca dell’agevolazione
L’agevolazione del credito d’imposta può essere revocata nel caso in cui:
- venga accertata, successivamente alla concessione dell’agevolazione, l’assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti imputabili al soggetto richiedente e non sanabili;
- il beneficiario non consenta i controlli di cui all’art. 13;
- venga accertata, da parte dell’Agenzia delle entrate, una indebita fruizione dell’agevolazione.
Disposta la revoca dell’agevolazione, il Ministero provvede al recupero presso i soggetti beneficiari dell’importo indebitamente percepito per il successivo versamento all’entrata dello Stato, maggiorato di interessi e sanzioni secondo Legge.
Enrico Cusin – Centro Studi CGN