L’acquisto di una scultura, di un quadro o di una qualsiasi opera d’arte, anche di ingente valore artistico, da parte di un imprenditore o professionista, non è un costo soggetto ad ammortamento. Ecco il perché.
Nei periodi di crisi economica e finanziaria, come quello che stiamo attraversando, gli investitori mostrano sempre più interesse verso investimenti alternativi. Molto spesso, le scelte di investimento si spostano sui cosiddetti beni rifugio, ossia oggetti e beni che per la loro natura, sono immuni da svalutazioni di valore.
E così, non è raro assistere imprenditori e professionisti che diversificano il proprio patrimonio e ripartiscono il rischio con l’acquisto di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato, che rappresentano forme di investimento sicure, affidabili e suscettibili di rivalutazione nel tempo.
A questo si aggiunge che, con l’esposizione di un’opera d’arte nei locali dove viene svolta la loro attività, professionisti e imprenditori beneficiano di un ritorno d’immagine positivo.
L’acquisto di un’opera d’arte da parte di un imprenditore o professionista è un bene ammortizzabile? No. Un’opera d’arte non è un bene ammortizzabile! In quanto destinata a durare senza limiti di tempo, un’opera d’arte ha una vita economica pressoché infinita, con la conseguenza che non è possibile quantificare la vita utile di un’opera ovvero individuarne una progressiva diminuzione dell’utilità o una qualsivoglia forma di deperimento (un po’ come accade ad esempio con l’acquisto di un terreno, il cui valore aumenta nel tempo).
Dal momento che l’ammortamento è un processo tecnico contabile che serve a calcolare il consumo subito dai beni strumentali destinati all’esercizio dell’impresa i cui costi vanno ripartiti in quote pluriennali, appare scontato che esso non possa essere applicato ad un’opera d’arte non soggetta a deperimento e che non fa parte del processo produttivo.
Infatti, affinché un bene possa essere ammortizzato, è necessario che il bene sia suscettibile di deperimento fisico e consumo dopo un certo numero di anni e che faccia parte del processo produttivo.
Dal punto di vista fiscale, l’articolo 102 del TUIR individua il presupposto dell’ammortamento dei beni strumentali nel “deperimento e consumo nei vari settori produttivi”. L’ammortamento, sia sul piano civilistico che su quello fiscale, è riferibile a beni che abbiano un periodo d’impiego finito. Ragion per cui, l’ammortamento non può applicarsi ad un’opera d’arte.
Come potrebbe essere inquadrata fiscalmente un’opera d’arte?
L’articolo 54 del TUIR dispone che il costo di acquisto o l’importazione di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione per un professionista può essere considerato spesa di rappresentanza. È escluso che le opere d’arte possano deperire in funzione del cosiddetto ammortamento.
L’articolo 54 comma 2 prevede espressamente che per i beni strumentali per l’esercizio dell’arte o della professione, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, sono ammesse in deduzione quote annuali di ammortamento non superiori a quelle risultanti dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti, per categorie di beni omogenei.
Il comma 5 dello stesso articolo prevede poi che le spese sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali, si considerano comunque spese di rappresentanza.
L’acquisto di un’opera d’arte da parte di un imprenditore che non commercia in opere d’arte segue invece i normali principi generali di deducibilità e inerenza del costo. La possibile deduzione dal reddito risulta piuttosto controversa in virtù del principio di inerenza di cui all’articolo 109 del TUIR.
Sulle base dei presupposti espressi nelle suddette motivazioni, le opere d’arte, pur rilevando come “asset aziendali”, non costituiscono cespiti ammortizzabili e, pertanto, i relativi costi non possono essere oggetto di ammortamento.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN
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