Un tema particolarmente sentito per contribuenti, CAF e professionisti abilitati che si accingono ad affrontare la campagna redditi 2022 riguarda la conservazione dei documenti presi in esame ai fini dell’elaborazione del modello 730/2022. Quali sono i principali documenti da esibire in caso di controlli? E soprattutto quali sono le regole da seguire in caso di spese ripartite in più anni?
Si tratta di documenti che l’Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere per espletare le verifiche ai:
- controlli formali entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione;
- controlli sostanziali entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
Per la dichiarazione dei redditi presentata nel 2022, periodo d’imposta 2021, l’accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre 2027, con la possibilità per l’Agenzia di richiedere fino a quest’ultima data la documentazione relativa al modello 730/2022.
Per quanto concerne i documenti da conservare, il contribuente deve sempre esibire al Caf o al professionista abilitato la documentazione necessaria affinché venga verificata la conformità dei dati riportati nella dichiarazione. Il contribuente conserva la documentazione in originale, mentre il Caf o il professionista ne conserva copia che può essere trasmessa, su richiesta, all’Agenzia delle Entrate.
I principali documenti da esibire sono:
- la certificazione unica e le altre certificazioni che documentano le ritenute;
- gli scontrini, le ricevute, le fatture e le quietanze tracciate che provano le spese sostenute;
- gli attestati di versamento d’imposta eseguiti con il modello F24;
- la dichiarazione modello Redditi in caso di crediti per cui il contribuente ha richiesto il riporto nella successiva dichiarazione dei redditi.
Più in generale il contribuente deve esibire tutti i documenti che dimostrano il diritto alle deduzioni e detrazioni richieste in dichiarazione.
Particolarmente interessanti sono le regole a cui attenersi in caso di spese ripartite in più anni (come per esempio bonus edili oppure interessi passivi su mutui), che possono essere sintetizzate nei seguenti passaggi:
- dal momento che il CAF/professionista abilitato è tenuto a conservare copia della documentazione, in seguito all’apposizione del visto di conformità, non è necessario richiedere la stessa documentazione negli anni seguenti;
- in caso di cambio Caf o professionista, ai fini dell’apposizione del visto di conformità, sarà necessario ripresentare tutti i documenti per l’agevolazione, dal momento che tali documenti non saranno in possesso del nuovo intermediario.
Per quanto riguarda i termini di conservazione, l’Agenzia delle Entrate (circolare n.7/E 2021) ha sottolineato che le verifiche verranno effettuate in relazione ad ogni anno in cui si godrà della detrazione. Ne deriva, per esempio, che le spese per recupero edilizio sostenute nel 2021 da detrarre in sede di 730/2022 dovranno essere conservate fino alla presentazione dell’ultima rata relativa al decimo anno, che avverrà in sede di 730/2031 per l’anno 2030, a partire dal quale decoreranno i termini per i controlli sostanziali, arrivando al 31 dicembre 2036.
La conservazione dei documenti per un tempo così prolungato è stata oggetto di decisione da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 25 marzo 2021 n. 8500), che ha sancito di fatto, per via dell’autonomia di ogni periodo d’imposta, un onere di conservazione per il contribuente in quanto “Una volta stabilito che la deduzione dell’elemento pluriennale in ogni singola annualità di imposta espone il contribuente alla potestà di accertamento dell’amministrazione indipendentemente dalla decadenza nella quale quest’ultima sia incorsa sulle annualità pregresse, non pare inesigibile che il contribuente sia onerato della conservazione delle scritture, non sine die, ma fino allo spirare del termine di rettifica dell’ultima dichiarazione accertabile.”
In mancanza di documentazione, per il Caf o il professionista che appone un visto di conformità infedele, viene comminata una sanzione pari al 30% della maggiore imposta riscontrata a seguito dei controlli formali da parte dell’Agenzia delle entrate (ai sensi dell’art. 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973).
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN