È entrato definitivamente in vigore il 15 luglio 2022 il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza che, alla luce degli ultimi interventi normativi, rende ancor più centrali gli strumenti volti a rilevare tempestivamente la presenza di uno stato di crisi e ad intervenire ricorrendo al nuovo istituto della composizione negoziata.
In data 1° luglio 2022 è stato pubblicato sulla GU n.152, il D.Lgs. n. 83/2022 che modifica il D.Lgs. n. 14/2019 Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (Cci).
L’intervento del D.Lgs. n. 83/2022 sul testo del 2019 è avvenuto anche per recepire la direttiva europea insolvency (direttiva UE 2019/1023).
Come è noto, già in data 16 marzo 2019, è entrata in vigore la parte del Cci che tratta della fase predittiva della crisi, ed in particolare sono già vigenti da quella data l’obbligo di adozione, per l’imprenditore che opera in forma societaria o collettiva, degli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili per la rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale al fine di prevenire gli squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario.
Dal 15 luglio 2022 anche l’imprenditore individuale dovrà prognosticare la crisi attraverso le misure idonee; un presidio sicuramente meno strutturato rispetto agli adeguati assetti richiesti alle società, che presenta, comunque, la stessa finalità.
In questa logica si colloca anche l’obbligo della nomina dell’organo di controllo, che ha subito a più riprese proroghe e modifiche in ordine ai limiti dimensionali delle società assoggettate, proprio per esaltare la funzione di vigilanza che esso doveva svolgere nell’impresa a beneficio del nuovo approccio alla prevenzione della crisi aziendale imposto dal legislatore.
Ma oltre ai segnali che devono arrivare dall’interno dell’impresa (assetti – collegio sindacale), le disposizioni già in vigore prevedono anche gli alert esterni assegnati ad Agenzia delle Entrate, INPS e Agente delle Riscossione, a cui si unisce l’INAIL con la riforma in vigore dal 15 luglio 2022 (che costituiscono la categoria dei cd. creditori qualificati).
Questi enti, al superamento di determinate soglie di debiti impagati, devono informare le imprese e (ove esistente) il collegio sindacale, per valutare quanto accaduto e invitarli ad attivare, ove fosse il caso, gli strumenti della composizione negoziata della crisi offerti dalla nuova normativa.
Tuttavia, il trascorrere del tempo rispetto alla fase iniziale di marzo 2019 ha comportato che le gravi difficoltà economico-finanziarie sorte a seguito della pandemia da COVID-19 abbiano indotto il legislatore a cambiare alcuni passaggi per avviare la risoluzione della crisi dell’impresa.
Infatti, in un primo momento, i creditori pubblici qualificati, al superamento delle soglie di debito previste dalla precedente normativa e scaduto il termine di 90 giorni per la regolarizzazione o la dilazione del dovuto, dovevano procedere alla segnalazione all’OCRI (Organismo di composizione delle crisi d’impresa) da istituire presso le CCIAA, per iniziare il percorso obbligatorio di risanamento.
A seguito delle modifiche sull’impianto normativo, l’OCRI (mai nato) è stato soppiantato dalla figura dell’Esperto negoziatore, figura terza ed indipendente, cui spetta il compito di esaminare il progetto di risanamento predisposto dall’imprenditore su base volontaria (con l’ausilio del commercialista-consulente aziendale) e, ove valutato positivamente, di agevolare le trattative per il superamento della crisi d’impresa.
Il tutto tende, sostanzialmente, ad evitare che l’impresa “fallisca” senza alcuna possibilità di recupero dei crediti vantati dai fornitori, dagli Enti (compreso l’Erario) e dai dipendenti.
L’idea di fondo del nuovo Codice della crisi è, pertanto, quello di evitare l’insolvenza, attraverso l’introduzione di una serie di presidi, quali la responsabilità degli amministratori di istituire gli assetti contabili per il monitoraggio dell’andamento gestionale, la continuità aziendale e dei flussi di cassa prospettici nei successivi 12 mesi, la presenza del collegio sindacale ove richiesto dalla norma, gli alert da parte dei creditori qualificati volti ad anticipare la crisi che rappresenta l’anticamera del fallimento, così come definito dal legislatore in passato.
Ed infatti i termini “fallito” e “fallimento” scompaiono dalla nomenclatura del settore proprio per il nuovo modo del legislatore di approcciare alla problematica.
I presidi che l’imprenditore è obbligato ad adottare rappresentano una sfida di non poco conto, sia per le imprese individuali che collettive.
Il Codice della crisi impone, nei fatti, un nuovo modello di management secondo il quale le scelte gestionali non possono essere più basate sulla mera intuizione dell’imprenditore, ma devono essere sostenute dalle informazioni fornite dai piani aziendali e totalmente uniformate ai criteri di razionalità economico-finanziaria, che trovano il loro driver principale nei flussi di cassa futuri.
Un imprenditore sempre meno “intuitivo”, quindi, e sempre più “freddo e calcolatore”.
Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo