L’importo dell’imposta di bollo richiesto a rimborso dal professionista forfettario al cliente fa parte integrante del suo compenso oppure no? Concorre al computo del reddito imponibile? Ecco la risposta dell’Agenzia delle Entrate.
La questione affrontata dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 428 del 12 agosto 2022 riguarda la qualificazione ai fini reddituali dell’imposta di bollo sulle fatture emesse dai soggetti in regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014. L’istante chiede un chiarimento in merito all’interpretazione dell’articolo 1, comma 64 della legge n. 190/2014 in combinazione con l’articolo 22 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 circa l’assoggettabilità o meno a tassazione, nell’ambito del suddetto regime, dell’imposta di bollo addebitata in fattura dai soggetti forfettari ai propri clienti.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il riaddebito al cliente dell’imposta di bollo, essendo il professionista il soggetto passivo, è da considerarsi parte integrante del suo compenso, con la conseguenza che il bollo risulta assimilato ai ricavi/compensi di cui al citato comma 64 e concorre al calcolo volto alla determinazione forfetaria del reddito. A supporto di tale interpretazione, i tecnici del fisco richiamano anche la circolare n. 5/E del 14 maggio 2021 dove viene chiarito che assumono rilevanza, ai fini del calcolo dell’ammontare dei ricavi, anche le spese addebitate al cliente da parte dei professionisti per l’imposta di bollo.
Nella parte preliminare, le Entrate ripercorrono i tratti salienti del regime forfettario evidenziando che si tratta di un istituto giuridico che prevede alcune semplificazioni, tra le quali:
- non si addebita l’IVA in rivalsa;
- non si esercita il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni.
Dal momento che le fatture emesse non devono recare l’addebito dell’imposta, sorge l’obbligo di assolvere l’imposta di bollo sin dall’origine, ossia al momento della loro formazione. L’agenzia osserva che l’articolo 1 del D.P.R. n. 642 del 1972 dispone che sono soggetti all’imposta di bollo gli atti, i documenti e i registri indicati nell’annessa tariffa. In particolare, l’articolo 13, comma 1 della Tariffa, parte prima, assoggetta fin dall’origine alla predetta imposta, tra gli altri documenti, anche le fatture, quando la somma indicata è superiore a 77,47 euro e non è soggetta ad IVA.
Dal documento formulato dall’Agenzia è possibile evincere che:
- i contribuenti in regime forfettario rientrano tra i soggetti obbligati all’assolvimento dell’imposta di bollo, aggiungendo che l’art. 22 del D.P.R. n. 642/1972 stabilisce la solidarietà del debito tra le parti emittente e committente;
- in via principale, l’obbligo di apporre il contrassegno sulle fatture o sulle ricevute è a carico del soggetto che consegna o spedisce il documento, in quanto per tali tipi di atti l’imposta di bollo è dovuta fin dall’origine, ossia dal momento della formazione;
- è data facoltà a chi emette fattura di rivalersi chiedendo il rimborso dell’imposta al committente;
- il riaddebito dell’imposta di bollo in fattura al cliente assume la natura di ricavo o compenso e concorre alla determinazione forfettaria del reddito soggetto ad imposta sostitutiva, secondo quanto disposto dall’articolo 4 della legge n. 190 del 2014.
Da un punto di vista concreto, il bollo sulle fatture ammonta a euro 2,00 e, per quanto possa trattarsi di un importo modesto, un numero significativo di fatture potrebbe dare luogo ad effetti indesiderati, tra i quali la fuoriuscita dal regime per il superamento del limite di euro 65.000, oltre alla rettifica delle dichiarazioni degli anni precedenti e alla correzione in corsa di quella per l’anno 2021.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN